Premetto che siamo tutti uguali. L'ho scritto, dunque lo penso. Maschi e femmine sono uguali, le differenze biologiche sono un capriccio maschilista, retaggio di un'oppressiva cultura fallocentrica. Ormai siamo tutti vittime dell'egualitarismo di genere che prescrive la sterilizzazione sessuale, vale a dire la negazione delle diversità tra i generi, a partire da quella cromosomica: le combinazioni xy e xx pari sono. È l'ennesimo inganno perpetrato dai sacerdoti della «equality», ideologia contro natura. Tra i paradossi contemporanei, c'è una Silicon Valley, portabandiera dell'innovazione tecnologica nel mondo, che si erge a santuario laico del politicamente corretto. In una mailing list interna un «senior software engineer» di Google, dunque un ingegnere della divisione software con una certa anzianità di servizio, invia un documento di 10 pagine per criticare gli sforzi aziendali volti ad aumentare la percentuale di donne nei ruoli dirigenziali e di dipendenti appartenenti a minoranze etniche. Le colleghe, sostiene l'ingegnere, sono biologicamente meno adatte a ricoprire ruoli di leadership nel settore della tecnologia, perciò occupano un numero esiguo di posti di comando. In altre parole, non esisterebbe una cupola che manovra le promozioni al fine di penalizzare intenzionalmente il gentil sesso nelle compagnie della new economy.
Il documento che non svela verità clamorose ma fotografa un matter of fact viene pubblicato integralmente in rete provocando un coro di polemiche. Sessista!, la più lieve. Danielle Brown, vicepresidente dell'ufficio che si occupa di diversità e integrazione, interviene a nome dell'azienda: «Non è un punto di vista che io o questa società sosteniamo, promuoviamo o incoraggiamo. Cambiare una cultura è difficile, spesso scomodo». Tuttavia, aggiunge Brown, «per costruire un ambiente aperto e inclusivo va promossa una cultura in cui chi ha punti di vista alternativi, anche politici, si senta libero di esprimere la propria opinione». Per Google dove le donne rappresentano il 31% della forza lavoro (con un incremento del 17% sull'anno precedente) la parità di genere è un argomento potenzialmente esplosivo poiché l'azienda di Mountain View è attualmente sotto indagine da parte del dipartimento del Lavoro per le accuse di discriminazione salariale a scapito delle donne.
Da diversi anni si trascina una discussione poco esaltante sulla presunta misoginia negli ambienti di lavoro della Valle del silicio dove hanno visto la luce Apple, Microsoft, Hewlett Packard, Facebook, Google, e-Bay, Tesla, start-up rivoluzionarie inventate da giovani maschi spiantati, divenuti tycoon dai conti in banca stratosferici. Internet è maschio, e riconoscerlo è femmina. Si può ammettere il primato maschile nel settore hi-tech senza complessi di inferiorità. Del resto, chi può credere che a Palo Alto uno Steve Jobs in gonnella non trovi il venture capital necessario alla realizzazione di una promettente idea per il sol fatto di non essere di pene dotato? Il fatto che le più importanti web company siano state fondate da uomini non significa che una regia occulta sia impegnata nell'esclusione delle donne.
Banalmente, siamo più brave a fare altro. Quelle tra noi che si iscrivono alle facoltà tecnico-scientifiche difficilmente eccellono, hanno diverse «attitudini intrinseche», azzardò nel 2005 Larry Summers, ex ministro del Tesoro di Bill Clinton.
Per l'intrepida affermazione l'economista, non esattamente un reazionario, fu costretto alle dimissioni dal rettorato dell'università di Harvard. La verità costa cara. Per questo, come da premessa, intendo ribadire che siamo tutti uguali, per carità, anche se non lo siamo. E se lo fossimo, sai che noia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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