Che a Bruxelles la strada non sarebbe stata in discesa lo si era capito da tempo. Ed è anche per questo che a Palazzo Chigi guardano il bicchiere mezzo pieno, soddisfatti per quello che reputano un «passo in avanti» verso l'introduzione di un tetto europeo al prezzo del gas. Perché è vero che i 27 ministri dell'Energia dell'Ue ieri hanno preso tempo, ma il mandato alla Commissione Ue (il secondo, dopo quello di giugno) per elaborare una proposta lascerebbe ben sperare. È comunque a prescindere dai segnali che arrivano da Bruxelles, però, che Draghi resta nettamente contrario ad ogni ipotesi di scostamento di bilancio, una richiesta che considera «surreale» anche perché non condivisa da FdI e Pd, quelli che - stando ai sondaggi - saranno i due partiti più votati alle elezioni del 25 settembre.
Sul capitolo energia, peraltro, c'è una spinta molto forte anche a livello di G7. È di giovedì scorso, infatti, una videoconferenza tra i capi di Stato e di governo di Stati Uniti (Biden), Germania (Scholz), Italia (Draghi), Regno Unito (Truss), Canada (Trudeau) e Giappone (Kishida), presenti anche i presidenti di Romania e Polonia, il segretario generale della Nato e i rappresentanti di Francia e Ue. Una call, fa sapere Palazzo Chigi, in cui «si è convenuto di continuare a lavorare per contenere l'impennata dei prezzi dell'energia, garantendo forniture sostenibili e accessibili per l'Europa». I leader G7 hanno poi ribadito l'importanza di uno «stretto coordinamento per assistere l'Ucraina in tutte le sue dimensioni» (quindi armi comprese) e hanno confermato «la necessità di fare pressione sulla Russia» con «sanzioni che si stanno rivelando molto efficaci».
Tutti argomenti che saranno al centro dell'intervento che Draghi farà all'Assemblea generale delle Nazioni Unite in programma fra una decina di giorni a New York. L'ex Bce parlerà mercoledì 21 settembre e confermerà - se possibile, ancora più nettamente di quanto già fatto al Meeting di Rimini - la collocazione atlantica dell'Italia, il sostegno (politico, finanziario, umanitario e militare) all'Ucraina e la necessità di continuare a insistere con le sanzioni alla Russia, senza alcun cedimento ai ricatti di Putin. Un modo per ancorare l'Italia alla sua collocazione geopolitica naturale alla vigilia del voto del 25 settembre. Un posizionamento che, come è noto, è profondamente condiviso dalla Meloni, mentre trova un approccio decisamente più prudente in Salvini.
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