Due anni e quattro udienze per scoprire che l'imputato era morto prima del processo

Quattro udienze per scoprire che l'imputato era morto ancora prima che il processo iniziasse. Sembra una barzelletta, ma è realtà. Alla sbarra un uomo originario di Signa, con trascorsi per furto, guida in stato di ebbrezza e reati legati alla prostituzione. Questa volta era finito nei guai per essersi fatto accreditare 317 euro da un utente internet a cui, nel 2008, aveva venduto on line un cellulare, che però non aveva consegnato.

Chiamato a rispondere di truffa, era morto il 10 novembre 2011 per malattia, all'età di 58 anni. Ma il Tribunale di Firenze se n'è accorto soltanto ieri, dopo due anni di processo. In realtà gli uffici giudiziari nel marzo 2012 si erano mossi per cercare l'imputato, ma non riuscendo a trovarlo, lo avevano dichiarato irreperibile, ignari del fatto che il poveretto non c'era più. Nel dicembre 2012 il magistrato aveva presenziato la prima udienza. Poi c'era stata la seconda nel luglio 2013, rinviata per l'astensione degli avvocati e la terza, nel maggio 2014, slittata per l'assenza dei due testimoni.

Ieri il quarto appuntamento, che prevedeva l'ascolto dei test da parte del magistrato. Prima di iniziare, però, è arrivata la sorpresa: il giudice ha mostrato il certificato di morte del cinquattottenne. Poi si è ritirato in camera di consiglio per dichiarare estinto il processo. In aula è calato il silenzio. Da una parte l'imbarazzo del difensore, avvocato d'ufficio e dall'altro quello dell'accusa.

Vista la propensione dell'Italia a processare anche i fantasmi, non stupisce più di tanto la notizia che il nostro Paese, tra i 47 aderenti al Consiglio d'Europa, è quello con più grande arretrato nel penale e per un divorzio ci vogliono 770 giorni. Che dire poi dei costi? Il malfunzionamento conclamato della giustizia civile costa agli italiani, secondo Banca d'Italia, l'1 per cento del PIL.

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