E Craxi scrisse a Di Pietro

Riemerge un documento a 25 anni dalla morte del segretario del Psi. L'ex premier denunciava "errori ed eccessi" su Tangentopoli

E Craxi scrisse a Di Pietro
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Una grafia tormentata. Fra cancellature e correzioni. Per denunciare ad alta voce «gli errori e gli eccessi» della Rivoluzione giudiziaria. È il 9 febbraio '94 quando Bettino Craxi scrive ad Antonio Di Pietro che non gli risponderà. Mani pulite in quel momento è un rullo compressore e per il leader socialista quelli sono gli ultimi mesi in Italia, prima di prendere la via dell'esilio tunisino ad Hammamet. Ma Craxi è sempre combattivo e non rinuncia a puntare il dito contro il potentissimo pm, costruendo la missiva come una sorta di requisitoria contro i metodi spicci del Pool. Contro gli «errori e gli eccessi» che lo stesso magistrato gli aveva confessato nel corso di alcuni incontri riservati tenuti nell'autunno precedente.

Quella sorta di autocritica avrebbe potuto rappresentare, forse, l'inizio di una svolta, ma alle parole non hanno corrisposto i fatti. L'ex presidente del Consiglio è sempre più isolato, sommerso dagli avvisi di garanzia, e Mani pulite pare un ciclone inarrestabile.

Ecco, dunque queste pagine, quasi uno sfogo dell'inquisito eccellente che ha ormai un piede fuori dall'Italia e che concluderà la sua vita lontano da Milano, il 19 gennaio 2000.

«Sono certo - è l'incipit - che ella conserva un chiaro ricordo del nostro primo incontro che si svolse a Roma nell'ufficio dell'avvocato Nicoló Amato». Giurista, ex magistrato, in quel periodo alto dirigente del Ministero della giustizia. Uomo di legge, dunque, ma anche vicino al mondo socialista. «In quella occasione - aggiunge Craxi - ella ebbe modo di parlarmi della sua esperienza di un anno, del modo diverso con cui era giunto, dopo questa esperienza, a vedere tante cose ed anche degli errori e degli eccessi che si erano verificati nel corso dell'azione giudiziaria».

Quei meeting, nati in segreto per cucire un rapporto slabbrato e avviare una riflessione comune, erano poi saltati quando i giornali ne avevano dato conto. Il dialogo, avviato nell'autunno del '93, si era bloccato quasi sul nascere e Di Pietro era andato avanti per la sua strada, interrogando anche un Craxi roccioso e per nulla rassegnato nel corso di una celebre udienza del processo Cusani, a dicembre 1993.

Craxi è amareggiato e disilluso, ma forse spera ancora che qualcosa accada, in ogni caso il tono è quello dello sfogo: «Mi disse che per tutto questo si sentiva cambiato e che avvertiva la necessità di soluzioni equilibrate e di un modo di procedere più equilibrato. A questo proposito feci anch'io delle osservazioni su condizioni, casi e persone che sono certo lei ricorda». Ma nulla è mutato. E Craxi addebita a Di Pietro le sue responsabilità in questo testo inedito, raccolto insieme a molti altri documenti da Andrea Spiri, senior lecturer alla Luiss School of Government, nel libro Bettino Craxi. Lettere di fine Repubblica, in uscita domani per Baldini+Castoldi.

Nel volume c'è la corrispondenza, fin qui parzialmente sconosciuta, fra Craxi e alcuni big di quella stagione travagliata: Giulio Andreotti, Francesco Cossiga, Gianni Baget Bozzo. E c'è anche una lettera che Di Pietro gli invierà più tardi, a luglio 94, in altro contesto, con Craxi, non più coperto dall'immunità parlamentare, ormai ufficialmente in fuga e latitante. «Purtroppo dopo d'allora - osserva Bettino - abbiamo continuato ad assistere, in più casi, all'uso di forme violente e traumatiche, di interpretazioni forzate della legge». Sono considerazioni che oggi appartengono alla coscienza collettiva, ma che allora Craxi, protagonista di una titanica battaglia, conduce quasi in solitudine, anzi nell'ostilità generale di un Paese che lo ritiene solo un potente in rovina, pronto a tutto pur di sfuggire alle proprie responsabilità. Craxi non ci sta, anche se la sua in quel momento è una campagna velleitaria.

«Questo è un modo di procedere - è la sua conclusione polemica - attraverso il quale si è tornati ad una forma, neppure larvata, di inquisizione». E alla gogna, con tanti potenti che, travolti da scandali e ruberie, rotolano nella polvere.

Anche Bettino Craxi non sfuggirà a questo destino. E la sua riabilitazione politica comincerà più tardi.

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