Il «cerchio magico» degli smemorati campani. Nel «feudo» di Luigi Di Maio, i consiglieri regionali pentastellati rischiano di spargere altro sale sulla ferita politica di «Rimborsopoli» e di creare ulteriori imbarazzi al candidato premier del Movimento a causa di alcune «dimenticanze» nella restituzione degli stipendi. L'ex capogruppo Valeria Ciarambino di Pomigliano d'Arco, responsabile politico del «Rally Tour» in Campania, non devolve la propria quota da settembre scorso, ad esempio. Tommaso Malerba è fermo, invece, ad agosto quando ha elargito al fondo per il microcredito appena 348 euro dei 7.884 euro percepiti in quel mese. La «pausa» di Gennaro Saiello dura da giugno, quando su circa 9mila euro di indennità ha registrato una eccedenza di 1287 euro. Da ottobre è in stop Michele Cammarano che, dei 9mila euro allora incassati, ha ceduto il 10 per cento circa, 841 euro. Un altro Vincenzo Viglione ha fermato i bonifici a settembre 2017 ma c'è da dire che l'ultimo era abbastanza sostanzioso (3.846 euro); dei 482mila euro messi da parte dal gruppo regionale M5S del Centro Direzionale, quasi un quarto è merito suo. Gli altri componenti Maria Muscarà e Luigi Cirillo invece sono in arretrato del solo mese di gennaio. A dicembre, infatti, la prima ha versato 1.662 euro e il secondo giusto la metà, 882.
Intanto, sono stati smascherati altri due massoni. Dopo il caso dell'avvocato Catello Vitiello a Castellammare di Stabia, nel Napoletano, i Cinquestelle si trovano ora alle prese con Piero Landi, candidato a Lucca nel collegio uninominale della Camera e iscritto alla loggia «Francesco Burlamacchi», e con Bruno Azzerboni, candidato all'uninominale in Calabria. Entrambi sono stati immediatamente espulsi dal Movimento al pari di Vitiello. «Al momento della sottoscrizione della candidatura non hanno detto la verità e non ci hanno informato di far parte di una loggia massonica recita una nota del Movimento Per questa ragione non possono stare nel M5S e sempre per questo motivo gli sarà richiesto di rinunciare al seggio. Li inibiamo dall'utilizzo del simbolo e ci riserviamo di agire nelle opportune sedi al fine di risarcire eventuali danni di immagine».
Al di là dei grembiulini più o meno «in sonno», è sui rimborsi che si gioca però la partita politicamente più rilevante per Di Maio & co. Tanto a Roma quanto a Bruxelles dove, oltre a David Borrelli, sarebbe pronta a lasciare il gruppo anche l'eurodeputata Giulia Moi. Il motivo è sempre lo stesso: non aver firmato la liberatoria sui dati bancari per consentire il controllo sui bonifici. Ieri, la deputata Giulia Sarti ha inaugurato però un nuovo filone. Denunciando, presso la Questura di Rimini, il suo ex fidanzato, Bogdan Andrea Tibusche, e accusandolo di aver sottratto alcune migliaia di euro in merito alla vicenda delle restituzioni «fantasma». Ma è la nuova video-inchiesta delle Iene, pubblicata sul portale web, che sbugiarda Di Maio a proposito dell'entità dello scandalo. Il politico di Pomigliano d'Arco aveva contato otto «mele marce» nel Movimento. Deputati e senatori che avevano provocato un ammanco di circa 800mila euro annullando le disposizioni di pagamento on line appena effettuate. Secondo l'indagine giornalistica di Filippo Roma e Marco Occhipinti, i «furbetti del bonifico» sarebbero invece almeno quattordici. E avrebbero provocato un buco nel bilancio pentastellato di circa un milione e mezzo di euro. Non solo utilizzando il sistema della revoca del bonifico ma escogitando «un altro giochino originale per trattenere più soldi nelle loro tasche». Uno scandalo che rischia di allargarsi ogni giorno sempre di più e che, per questo motivo, ha convinto il capo politico pentastellato a tentare la carta del depistaggio mediatico per spostare altrove l'attenzione.
Ieri in un video postato sulla sua pagina Facebook, rivolgendosi ai leader degli altri partiti, ha proposto di convergere su una legge che «dimezza lo stipendio dei parlamentari e introduce la rendicontazione puntuale dei rimborsi spesa». Ma nessuno è cascato nel tranello.
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