L'era di Donald Trump è iniziata sotto il segno del toro. Il giuramento del 45° presidente degli Usa è infatti avvenuto con Dow Jones e S&P500, gli indici di riferimento Usa, sui massimi di sempre. E sul mercato, inevitabilmente, ci si chiede quanto potrà durare la luna di miele tra Wall Street e The Donald. «Mi aspetto che il rally dei listini azionari duri almeno fino a fine marzo e che il Dow Jones superi i 20mila punti. I fondamentali sono solidi e la politica espansionistica di Trump sostiene il listini», commenta Vincenzo Longo di IG, secondo cui il rialzo dei tassi di interesse da parte della Fed e il rafforzamento del dollaro potrebbero però portare, nella seconda metà dell'anno, a una pausa di riflessione e a preferire l'obbligazionario all'azionario visto che i decennali Usa presentano rendimenti in ascesa.
«Negli Stati Uniti il mondo del business vede le cose in termini semplici: Trump significa il ritorno del capitalismo al timone, il che comporta, tra l'altro, tagli fiscali, una minore regolamentazione e incentivi agli investimenti» sostiene Didier Saint-Georges, managing director di Carmignac. E ancora: «le prospettive di una riforma delle imposte sulle società e le spese per infrastrutture hanno ravvivato le aspettative dei mercati azionari dopo le elezioni negli Stati Uniti. Per la prima volta da parecchio tempo, Washington potrebbe essere nei prossimi mesi fonte di catalizzatori positivi di utili», sostiene Richard Skaggs, stratega azionario senior di Loomis.
Da oggi Trump dovrà iniziare a concretizzare le proprie promesse elettorali compreso il raddoppio del Pil al 4%. E non sarà semplice. Anche per questo motivo c'è chi solleva qualche dubbio sulla tenuta del rally: le valutazioni azionarie rifletterebbero infatti una prospettiva di crescita già decisamente ottimistica. Troppo. Lo scenario di riferimento infatti è piuttosto complesso posto che, come sottolinea Brendan Mulhern, global strategist di Newton Investment Management (Bny Mellon), «il rialzo dei rendimenti obbligazionari, il rafforzamento del dollaro e l'aumento del 100% dei prezzi del petrolio rispetto ai minimi di febbraio implicano che i fattori positivi per l'economia si stanno dissipando». Non mancano infine alcune Cassandre che si spingono a vaticinare il crollo dell'indice, richiamando alla memoria alcune recenti catastrofi finanziarie. «Gli investitori sono su un Titanic e si apprestano ad affrontare uno dei più disastrosi crash della storia del mercato azionario», è la tesi di uno dei più noti orsi del mercato, Mark Faber.
Intanto Bankitalia, nel suo Bollettino Economico, mette in guardia sui rischi per la crescita italiana che potrebbero derivare dal protezionismo Usa.
«È in particolare elevato il rischio che l'espansione dell'economia globale, rispetto a quanto incorporato nelle proiezioni, possa risentire del manifestarsi e del diffondersi di spinte protezionistiche, oltre che di possibili turbolenze nelle economie emergenti» afferma palazzo Koch.
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