E la Tari mette in ginocchio i negozianti

Tassa sui rifiuti sempre più salata. L'esborso medio ormai a quota 5mila euro all'anno

E la Tari mette in ginocchio i negozianti

La nuova Tari appesantisce ulteriormente il carico fiscale per il terziario. Con il passaggio dalla Tares alla Tari l'esborso medio per una tipica piccola impresa italiana sarà, infatti, di circa 5mila euro all'anno. Una stangata, l'ennesima. Anche quest'anno Confcommercio lancia l'allarme, sottolineando che si tratta di incrementi particolarmente significativi per categorie merceologiche come i distributori di carburante (+6,2 per cento), i supermercati (+4,1)e i negozi di ortofrutta (+4). E cita come esempio un distributore di carburante. «Il gestore del distributore, che già pagava poco più di 4600 euro all'anno di Tares, con il nuovo tributo dovrà aggiungere a tale importo ulteriori 289 euro per un totale di spesa di 4961 euro».

«Nel 2013, con il passaggio dalla Tarsu alla Tares - aggiunge Confcommercio - l'incremento medio dei costi per il servizio urbano dei rifiuti è stato del 290 per cento e per alcune tipologie di imprese è arrivato addirittura al 500 per cento, come per la ristorazione, con punte di oltre il 600 per cento per l'ortofrutta e le discoteche. A tali insopportabili aumenti (relativi alla sola componente rifiuti) devono essere aggiunti quelli registrati nel corso del 2014 dovuti all'introduzione della Tari e pari, mediamente, al 2,7 per cento».

Per Confcommercio la causa è da imputarsi soprattutto al peso dei piani finanziari dei Comuni, sia in relazione al loro costo complessivo, sia a causa della loro estrema variabilità tra le diverse realtà territoriali. «Situazione ancor più critica e ingiustificata - prosegue la confederazione dei commercianti - se si considera che tale disomogeneità si registra all'interno di Comuni appartenenti non solo alla stessa regione ma anche alla stessa provincia e che, pertanto, hanno parametri riferibili a popolazione, tessuto imprenditoriale, densità abitativa e condizioni territoriali quantomeno similari».

Confcommercio riporta, ad esempio, il caso del costo pro capite del servizio a Siena e a Pistoia. Pur essendo realtà estremamente omogenee sia a livello territoriale che a livello di strutturazione del servizio, a Siena il costo di 255 euro pro capite appare nettamente ingiustificato se paragonato ai 150 euro di Pistoia.

«Un'occasione che avrebbe dovuto essere colta, imponendo, ad esempio, che già a partire dal 2015, nella determinazione dei costi del servizio, il Comune debba obbligatoriamente avvalersi delle risultanze dei fabbisogni standard. Sarebbe stato un primo importante passo per lasciarsi alle spalle le vistose iniquità che i vari tributi locali hanno prodotto in questi ultimi anni» conclude Confcommercio.

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