Si chiama «The great lockdown», ma poteva benissimo intitolarsi «Il grande freddo», una glaciazione economica senza precedenti al punto da far apparire quasi una passeggiata di salute gli affanni provocati dal crac di Lehman Brothers. Non fa sconti, il Fondo monetario internazionale nelle sue previsioni di primavera inserite nel World economic outlook. Circondato da un nemico invisibile, il mondo dovrà rassegnarsi nel 2020 a veder precipitare il Pil del 3%, da confrontare col -0,6% del 2009, quando del castello di carta dei mutui subprime erano rimaste solo macerie. È in arrivo una recessione dura, forse una vera depressione prima del rimbalzo atteso per il 2021 (+5,8%), e con un conto salatissimo da pagare: 9mila miliardi di dollari in meno di ricchezza globale.
A subire l'impatto più devastante del coronavirus sarà soprattutto l'Italia, inchiodata all'angolo da una contrazione del 9,1%. Peggio di noi, in Europa, solo la Grecia. Un buio pressoché totale che tiene conto della paralisi che ancora sta colpendo la parte più produttiva del Paese e che, ancora una volta, richiama l'urgenza di risposte di contrasto veloci sia a livello nazionale, sia a livello comunitario. Anche se il Fondo, probabilmente all'oscuro delle polemiche sull'erogazione degli aiuti, riconosce che la reazione di Roma è stata «rapida e significativa».
L'epicentro della catastrofe planetaria è l'Eurozona, incapace di trovare soluzioni condivise e che sta abbozzando una reazione inadeguata, imperniata com'è su strumenti fuori tempo come il Mes. L'Fmi prevede una discesa del Pil del 7,5% a fine dicembre, più o meno lo sprofondo cui è destinata la Germania. Ottimista il commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni. «Un Fondo significa un'emissione comune. Si tratterà di discutere se questa emissione la faremo con il bilancio comunitario o con altri strumenti. Ma lì arriveremo, ne sono convinto», ha dichiarato dicendosi anche convinto di una nuova moratoria sul debito per i Paesi del Terzo mondo.
C'è però da chiedersi se davvero vedremo il previsto, seppur parziale, recupero del 2021. La capoeconomista dell'Fmi, Gita Gopinath, oltre a sottolineare il fatto che «questa crisi non è come le altre e lo choc è più grande» anche perché stimolare la domanda può risultare impossibile, parla senza mezzi termini di stime basate sull'idea di una vittoria sulla malattia nel secondo semestre, l'unico modo per poter cominciare a organizzare una ricostruzione. In caso contrario, sono tre gli scenari possibili. Una perdita di altri tre punti di Pil quest'anno nel caso il Covid-19 non venisse sconfitto, con un effetto di trascinamento negativo sul prossimo (da +5,8% a +4,8%) ; una ripresa vanificata in caso di un'ondata di ritorno dei contagi; infine, il peggio che possa capitare: una miscela delle prime due ipotesi che allungherebbe la recessione anche al 2021, con una perdita di Pil complessiva di oltre il 15%.
Quanto alle misure per l'immediato, gli esperti di Washington suggeriscono ai governi di spingere sul pedale delle spese per la salute e di mettere cittadini e imprese nelle condizioni di superare la fase più drammatica della pandemia, destinata a mettere sotto forte stress il mercato
del lavoro (in Italia la disoccupazione dovrebbe salire dal 10 al 12,7%). Infine, l'invito alle banche centrali a essere un pungolo per gli istituti di credito, affinché vengano rinegoziati i prestiti di imprese e famiglie.
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