Abbiamo scherzato. I grillini duri e puri sono diventati molli e lascivi. E il pesce puzza dalla testa. Non per nulla è il capo politico Luigi Di Maio a svelare l'ipocrisia di se stesso e del Movimento stesso. Tema del contendere è il limite dei due mandati. Considerato un totem, un dogma intoccabile, un paradigma indiscutibile, adesso è diventato un limite in via di sorpasso. È l'upgrade per evitare il baratro, a costo di rinnegare le proprie origini e i propri principi.
"Anche sulla regola dei due mandati per i sindaci M5S e sulla possibilità di derogare e consentire un terzo mandato ci sarà dibattito, nell'area di ascolto su Rousseau. Ma ne discuterò anche con i parlamentari, con gli stessi sindaci, faremo una sezione, possiamo discutere di nuove regole per i consiglieri comunali, per esempio che il loro secondo mandato non valga e possano candidarsi anche al consiglio regionale o in Parlamento". Le parole del vicepremier sono una sentenza di condanna nei confronti del motto uno vale uno e mettono una pietra sopra anni di dichiarazioni che andavano nel verso opposto.
Nell'aprile 2013, tra le prime tre proposte di legge del Movimento 5 stelle in commissione Affari costituzionali c'era "il parlamento pulito, con il limite di due mandati, l'impossibilità di candidarsi in più circoscrizioni e l'incandidabilità dei condannati". Nel novembre dello stesso anno, un ordine del giorno a firma M5s sulla legge elettorale depositato in commissione Affari Costituzionali al Senato recitava così: "Introdurre un numero massimo di mandati elettorali - pari a due - che ogni cittadino può essere chiamato a ricoprire in qualità di deputato e/o senatore".
Da allora i big del Movimento hanno mantenuto tutti la stessa linea. Qualche esempio? Nel settembre 2016 Di Battista scriveva: "La regola del massimo due mandati nelle istituzioni è fondamentale. Nel momento in cui io so di dover tornare nel "mondo reale" (che non è Montecitorio) sarà nel mio stesso interesse migliorarlo, appunto perché sarò costretto a farvi ritorno. Questo è il punto!".
Un anno dopo scendeva in campo lo stesso Beppe Grillo, che il 10 marzo 2017 rivendicava: "Il M5S è una comunità di cittadini fondata su delle regole. Sono poche, chiare e semplici. Proprio per questo inamovibili. Una delle regole fondanti è quella dei due mandati elettivi a qualunque livello. Consigliere comunale, sindaco, consigliere regionale, parlamentare nazionale ed europeo. Questa regola non si cambia né esisteranno mai deroghe ad essa". E l'ex comico citava poi le parole di Gianroberto Casaleggio: "Ogni volta che deroghi ad una regola praticamente la cancelli".
Nell'agosto dello stesso anno, Di Maio gli faceva eco: "Dai noi vale la regola dei due mandati e vale anche per me. Nel Movimento 5 Stelle chi pensa di fare un terzo mandato è fuori". E due mesi dopo rincarava la dose: "Non sono diventato capo politico per abolire la nostra regola dei due mandati, è uno dei nostri asset fondamentali". Passano i mesi e la solfa non cambia: "Non cambieremo nulla perché io sono orgoglioso di una regola che c'e' nel Movimento: qui puoi fare due mandati e poi torni a casa. Guardate che ha un grande effetto: i cittadini così fanno un contratto a tempo determinato ai politici e gli dicono in dieci anni devi realizzare questo obiettivo".
Nemmeno due mesi fa, eravamo al 31 dicembre, Di Maio poi sembrava tranchant: "La regola dei due mandati non è mai stata messa in discussione e non si tocca. Né quest'anno, né il prossimo, né mai.
Questo è certo come l'alternanza delle stagioni e come il fatto che certi giornalisti, come oggi, continueranno a mentire scrivendo il contrario". Evidentemente il grillino adesso ha cambiato idea. E anche se al momento la discussione sembra riguardare solo i sindaci, il passo dalle comunali alle politiche è breve e dalla stalla i buoi sono iniziati a uscire.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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