Tutti qui da noi o molti anche in Albania? La risposta potrebbe arrivare tra sole 48 ore. Domani è prevista, infatti, la prima riunione dei nove giudici dell'Alta Corte di Tirana chiamati a valutare il Memorandum d'Intesa sottoscritto a novembre da Giorgia Meloni e dal premier albanese Edi Rama. Un Memorandum che, come si ricorderà, prevede l'apertura di due centri di accoglienza per migranti sotto giurisdizione italiana nel «paese delle aquile».
La ratifica dell'accordo da parte del Parlamento albanese è però minacciata dal ricorso all'Alta Corte presentato dall'ex premier di centrodestra Sali Berisha e da altri 29 deputati. Secondo il ricorso l'intesa è anticostituzionale perché non rispetta i diritti umani e garantisce all'Italia giurisdizione sul territorio albanese senza il via libera del Presidente della Repubblica. Contrariamente alle previsioni iniziali che parlavano di almeno tre settimane la decisione dei nove giudici potrebbe arrivare, secondo fonti diplomatiche italiane, già venerdì 19 gennaio. Nel caso l'Alta Corte giudicasse valide le ragioni del ricorso il primo a farne le spese sarebbe l'esecutivo di Giorgia Meloni che si ritroverebbe con un'altra arma spuntata sul delicato fronte della lotta all'immigrazione. A Palazzo Chigi però non si respira assolutamente aria di preoccupazione. «Per ora non abbiamo indicazioni su un possibile verdetto negativo. Proprio per questo - spiega una fonte de Il Giornale - non esiste un piano B. Diamo per scontato l'esito positivo della sentenza». Ma su cosa si basa tanto ottimismo? Stando a quanto ricostruito da Il Giornale la fiducia poggia su tre pilastri.
Il primo riguarda l'inconsistenza giuridica del ricorso. Il secondo deriva dalle valutazioni dell'orientamento dei membri dell'Alta Corte Costituzionale. Il terzo si basa sulle rassicurazioni fornite a Giorgia Meloni da Edi Rama. L'inconsistenza giuridica discende dal fatto che il Presidente della Repubblica Bajram Begaj - vicino ai socialisti di Edi Rama - non solo non ignorava l'accordo, come sostenuto dall'opposizione, ma lo avrebbe appoggiato e sostenuto. Anche per questo, secondo fonti diplomatiche, almeno cinque dei nove membri della Corte sarebbero pronti ad esprimersi a favore della legittimità del Memorandum. Queste valutazioni restano però «assai empiriche».
Dal 2017 - quando i giudici bocciarono la messa sotto accusa dell'allora presidente Ilir Meta votata in Parlamento dal partito socialista di Edi Rama - l'attività dell'Alta Corte è rimasta bloccata sino al 2023. Dunque i precedenti sull'orientamento dei suoi membri sono assai scarsi. Ben più peso hanno invece le rassicurazioni fornite a Giorgia Meloni da Edi Rama. Assicurazioni che andrebbero ben aldilà di quelle ribadite durante l' intervento alla festa di Atreju dello scorso dicembre. «Sono fiducioso - spiegò in quell'occasione il premier - perché l'accordo non ha nulla di incostituzionale. Entro marzo è il limite del tempo, ma credo che la decisione sarà presa molto prima perché è un accordo molto importante e bisogna che entrambi i governi sappiamo se possono andare avanti o no». L'enfasi su un «accordo molto importante» per «entrambi i governi» farebbe capire l' interesse di Edi Rama a dribblare eventuali impedimenti dell'Alta Corte.
L'entusiasmo del premier - convinto che il Memorandum possa accelerare l'entrata dell'Albania in Europa - è considerato dunque il miglior viatico per l'intesa. Tanto da spingere il nostro governo a non prevedere alcun piano alternativo. E a dare per scontato e sicuro il sì dell'Alta Corte di Tirana.
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