L'effetto disincentivante del reddito di cittadinanza rende meno brillanti i dati Istat sul mercato del lavoro a settembre. La crescita degli occupati (+59mila unità sul mese precedente) ha portato a oltre 500mila il numero di posti recuperati dall'inizio dell'anno anche se rispetto all'inizio della pandemia ne mancano all'appello oltre 300mila (quasi tutti autonomi). Al lieve miglioramento del tasso di disoccupazione (9,2%, +0,1 punti su agosto) fa da contraltare l'incremento di quello giovanile (+1,8 punti al 29,8%) che tuttavia resta sui valori di febbraio 2020 e, dunque, evidenzia un piccolo recupero anche per gli «under 35».
I numeri rivelano tre realtà. La prima è che la ripresa occupazionale è stata meno dinamica rispetto a quanto prevedibile in un contesto di crescita economica da +6% annuo di Pil ed è trainata quasi esclusivamente da contratti a termine. La seconda è che nella fascia 50-64 anni il tasso di occupazione al 60,4% ha ormai raggiunto i livelli di febbraio 2020, mentre il tasso di inattività è aumentato nella fascia 15-34 anni. La terza conseguenza è che il minor numero di disoccupati dall'inizio della pandemia (-206mila) è stato travasato nel calderone degli inattivi, cioè coloro che non lavorano e che non cercano lavoro (probabilmente perché sussidiati). Se a questo si aggiunge che, rispetto all'inizio della crisi Covid, la forza lavoro si è ridotta di 300mila unità, ne consegue che oltre 500mila persone sono uscite dal mercato. E che dunque più che di riforma delle pensioni la politica si dovrebbe occupare di politiche attive per il reinserimento degli occupabili.
Una situazione denunciata anche dall'Ufficio studi di Confcommercio che ha rilevato come l'esercito dei 429mila liberi professionisti non ordinistici (cioè non iscritti a nessun ordine professionale) abbia registrato una tasso di crescita dell'89% nel periodo 2008-2019 (a fronte di un +1,2% di crescita degli occupati complessivi in Italia). Il Covid, però, ha cancellato 40mila posizioni tra liberi professionisti ordinistici e non ordinistici, scesi in totale sotto la soglia degli 1,4 milioni di unità. «Il reddito pro capite dei professionisti negli anni è diminuito del 25%, per questo è necessario l'equo compenso per la prestazioni professionali e la rateizzazione del carico fiscale: è necessaria la pari dignità di status con le imprese, sia nel rapporto con Pubblica amministrazione sia nel welfare», ha commentato il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli. Anche in questo caso, la possibilità di ricevere un reddito sicuro è un deterrente rispetto al rischio della libera professione.
Eppure puntare sulle nuove competenze potrebbe stimolare ulteriormente lo sviluppo economico del Paese. È quanto ha rilevato un'indagine di Confcooperatve e Censis, secondo cui le imprese saranno pronte ad assumere fino a 2,4 milioni di lavoratori con competenze «green» entro il 2025, ma mancano all'appello 741mila tecnici che potrebbero pesare fino al 2,5% del Pil (10,2 miliardi di euro).
Ma la maggioranza che sostiene il governo Draghi sarà in grado di iniziare a incidere su questi argomenti? Per il momento prevale una sensazione di sfiducia: la legge di Bilancio non è stata ancora calendarizzata al Senato proprio a causa delle profonde divergenze che caratterizzano la maggioranza.
Sulla riduzione della pressione fiscale la sinistra punta a un ampliamento dei vari bonus più che al taglio dell'aliquota Irpef, richiesto dal centrodestra, che beneficia i redditi medi. Poca intesa anche sul tema pensioni e sulle necessarie modifiche al reddito di cittadinanza che ipoteca 8,6 miliardi di euro anche l'anno prossimo senza, però, produrre reali benefici.
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