Si intrecciano le battaglie legali attorno al piccolo Eitan, l'unico sopravvissuto nella tragedia del Mottarone. La procura generale di Milano ha firmato un mandato di cattura internazionale e l'estradizione per il nonno materno, Shmuel Peleg, e per Gabriel Alon Abutul, il dipendente della società Blackwater alla guida dell'auto che ha portato l'uomo e il nipote a Lugano. Il provvedimento e l'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Pavia su richiesta dei pm Mario Venditti e Valentina De Stefano sono sul tavolo del ministero della Giustizia. I due uomini sono chiamati a rispondere di sequestro di persona, sottrazione e trattenimento di minore all'estero e inosservanza dolosa di provvedimento del giudice in pregiudizio del minore e della zia tutrice Aya. Ma il legale di Shmuel, Paolo Sevesi, ha già depositato il ricorso «con riserva di motivazioni».
Tutto mentre oggi a Tel Aviv inizia il processo d'appello per decidere, in base alla Convenzione dell'Aja, se Eitan debba tornare in Italia. «Shmuel non commenta il mandato d'arresto - spiega il portavoce della famiglia, Gadi Solomon -. Ma con le mani giunte ha espresso il desiderio che arrivino buone notizie sul futuro di Eitan». In queste ore l'ufficio Affari internazionali di via Arenula prenderà contatti con il ministero della Giustizia israeliano, che dovrà valutare la richiesta di estradizione di Shmuel e Alon Abutul. Israele applica la Convenzione europea di estradizione del 1957 di Parigi, ma ha già apposto una riserva, in base alla quale non estrada i propri cittadini.
Eppure la Procura di Pavia è convinta che il nonno materno e il complice abbiano messo su un «piano strategico premeditato» per rapire Eitan. «Dalle indagini scrupolose fatte dalla squadra mobile di Pavia, risulta che tutto è stato studiato nei minimi particolari a partire dal momento in cui Peleg si è reso conto che non sarebbe più riuscito ad ottenere in Italia l'affidamento del nipote» spiega il procuratore di Pavia Mario Venditti. «A ulteriore conferma della pianificazione del sequestro - si legge nelle carte - vi sono inoltre i numerosi viaggi in Svizzera effettuati nelle giornate precedenti l'11 settembre, giorno del rapimento, e accertati grazie all'analisi del traffico telefonico, dove sia Peleg sia l'autista avevano definito le fasi finali del progetto criminoso». Gli ex coniugi Peleg, poi, secondo i pm avrebbero tentato di corrompere una israeliana, residente in Italia, contattata della nonna materna per portare il bambino in Israele in cambio di denaro. «Eitan è stato trattato dal nonno come un oggetto da trasbordare - scrive il gip - era invece una persona in condizioni di indicibile fragilità, non per la tenera età, ma per gli eventi tragici occorsigli». Anche se l'intento dei Peleg era «che il piccolo crescesse in una più stretta connessione verso le proprie radici ebraiche», il nonno considerava «l'inerme Eitan come una proiezione delle sue ambizioni e dei suoi intendimenti». Per l'accusa lui e l'ex moglie avevano maturato ostilità nei confronti della zia paterna tutrice del minore, Aya Biran Nirko, in quanto contrariati dalla decisione del giudice di affidarle il nipote. Da qui l'idea del sequestro: giunti all'aeroporto di Lugano-Agno, grazie al complice autista, si sono imbarcati noleggiando un charter per 42mila euro, con destinazione Tel-Aviv. Un piano che potrebbe essere ripetuto e per qesto hanno chiesto l'arresto dei due uomini.
Sull'affidamento, invece, si gioca anche in Italia una doppia battaglia giudiziaria: a Milano si discute dell'opposizione al
provvedimento concesso alla zia, mentre a Pavia ieri i legali dei nonni materni hanno chiesto al tribunale che venga rimossa dall'incarico di tutrice con immediata sospensione e che venga nominato pro-tutore un avvocato «terzo».
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