Erdogan in Siria non ascolta Obama

No secco di Ankara alla richiesta Usa di una tregua con le milizie curde

Erdogan in Siria non ascolta Obama

Prima gli americani hanno chiesto una tregua fra turchi e curdi, poi hanno detto che erano molto soddisfatti che la tregua stesse prendendo piede, poi i turchi hanno fatto sapere, incuranti ormai del disappunto della Casa Bianca, che non c'è nessun cessate il fuoco, e che «la Turchia è uno Stato sovrano e legittimo.. e suggerire che si metta al livello di un'organizzazione terrorista.. questo si che è inaccettabile». Una risposta al medesimo aggettivo, «inaccettabile», usato prima dagli Usa per descrivere l'atteggiamento turco.

La verità è che adesso che i carrarmati turchi si aggirano fra le rovine fumanti della Siria, le cose sono destinate a complicarsi e che, semmai Erdogan risponde a una superpotenza, questa è la Russia, e non l'America. Le sue bombe pare abbiano già ucciso almeno 73 civili curdi. Non sembra davvero un contributo alla guerra contro l'Isis, è un altro capitolo della guerra turco-curda che così sposta i migliori combattenti anti Isis, i curdi, sul fronte turco. Il presidente turco ha questa caratteristica: quando si muove, lo fa scambiando la prepotenza per leadership, Attila con Napoleone, i fatti suoi con quelli dell'universo mondo. Martedì gli Stati Uniti avevano alzato la voce. Erdogan oltretutto è troppo esplicito nell'esibire il suo «amico ritrovato», Putin, con cui si è riconciliato platealmente l'8 agosto a Mosca. Così dopo che la guerra si è fatta palesemente anticurda, Brett McGurk, inviato speciale di Barack Obama per la lotta all'Isis, ha dichiarato «fonte di grande preoccupazione» gli scontri a sud di Jarabulus, nel nord della Siria, tra forze turche, gruppi armati dell'opposizione siriana e unità affiliate alle forze di Difesa della Siria di cui fanno parte i curdi dell'Ypg. Vogliamo chiarire, ha twittato McGurk, che per noi questi scontri in zone dove non c'è una presenza Isis sono inaccettabili. E continuava: «Gli Usa invitano a concentrarsi sull'Isis che resta una minaccia comune letale». Ankara ha già risposto che «gli Usa dovrebbero mantenere la parola e costringere i curdi siriani del Pyd a ritirarsi a est dell'Eufrate».

Le sue motivazioni geografiche sono evidenti e sensate, ma quelle politiche creano contraddizioni doppie: Erdogan per combattere l'Isis combatte il loro peggior nemico, i curdi, perché essi sono anche il suo peggior nemico. Ma così facendo rischia di danneggiare il protetto di Putin: Assad, che tutti vorrebbero veder fuori dai piedi fuorché la Russia e l'Iran. Inoltre, per gli Usa vedere il vecchio amico membro della Nato cadere nelle braccia di Putin è un delusione. E questo, dopo avere ingoiato a più riprese l'aiuto fornito da Erdogan all'Isis funzionando da ponte verso il confine siriano per foreign fighters e armi.

Poi Erdogan ha compiuto il testa coda: riconciliazione con Israele, visita a Putin, guerra all'Isis, rapporti con l'Iran e forse persino con Assad. È così che mercoledì mattina le forze speciali del generale Aksakalli sono entrate a piè pari nella guerra. Il portavoce stesso di Erdogan, Ibrahim Kalin ha descritto l'obiettivo come duplice: ripulire da tutti gli elementi terroristici, cioè Stato Islamico e, secondo Ankara, i curdi. Erdogan pensa ai suoi scopi fra cui, primario, sconfiggere i curdi. La paura che la stima internazionale nella guerra anti Isis li faciliti nel crearsi il loro Stato è uno dei suoi peggiori incubi.

Il Pyd ha da poco impegnato con successo le sue forze, il Ypg, in una battaglia essenziale nei pressi di Raqqa, prendendo Manbij. Adesso l'Ypg, con le Forze Democratiche Siriane, agisce insieme alle Forze speciali americane ma per Erdogan sono terroristi...

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