Ereditiera uccisa, dopo 30 anni si riapre il caso. Il giardiniere ottiene la revisione del processo

Omar, condannato e graziato, si dice innocente. E il dna lo scagionerebbe

Ereditiera uccisa, dopo 30 anni si riapre il caso. Il giardiniere ottiene la revisione del processo

Lui è libero da ventitré anni, ma da trent'anni convive con quella che considera una terribile ingiustizia: quello di essere considerato dalla legge un assassino. Ora per Omar Raddad c'è uno spiraglio: un tribunale francese ha deciso l'apertura di nuove indagini sulla morte dell'ereditiera Ghislaine Marchal, di cui l'uomo, un giardiniere di origine marocchina, si è sempre proclamato innocente. Si tratta di una decisione storica, rarissima in Francia e che costituisce un nuovo, forse corposo capitolo di una delle vicende di cronaca che più hanno appassionato l'opinione pubblica francese nel dopoguerra.

Tutto ha inizio il 24 giugno del 1991, quando la Marchal, 65enne vedova di un ricco imprenditore, viene trovata cadavere nella cantina della sua villa detta La Chamade a Mougins nei pressi di Grasse, tra la Provenza e le Alpi. La morte risale al giorno prima e da subito si capisce che si tratta di un omicidio. La donna è stata colpita con violenza in molte parti del corpo e reca tagli orribili un po' ovunque. Nessuna effrazione, l'impressione che Ghislaine sia stata sorpresa da qualcuno che conosceva. Per questo, e per la scritta tracciata con il sangue trovata a pochi metri dal corpo Omar m'a tuer («Omar mi ha ucciso» scritto in maniera sgrammaticata, la versione corretta sarebbe stata Omar m'a tuée) verrà accusato dell'omicidio il giardiniere della villa, Omar Raddad, all'epoca trentenne. Che finirà condannato nel 1994 a 18 anni di carcere, pena poi ridotta a quattro anni e otto mesi in seguito alla grazia parziale concessa dall'allora presidente della Repubblica Jacques Chirac su richiesta del re del Marocco Hassan II. Raddad esce di galera nel 1998, sollevato ma non soddisfatto.

Lui infatti continua a pretendere di essere scagionato, la grazia non lo placa, non ne fa un innocente quale lui garantisce di essere. Lui chiede più volte la revisione del processo ma invano, malgrado in Francia in molti lo supportino credendo che le indagini siano state pasticciate e inquinate dal pregiudizio.

Poi la svolta, grazie a una legge del 2014 che rende più flessibili i criteri per ottenere la revisione di un processo e grazie ai progressi della scienza. Decisiva la perizia di un esperto di genetica che ha rilevato la presenza sulla scritta di 35 tracce di un dna maschile non appartenenti al giardiniere, che risalirebbero all'epoca dei fatti.

Secondo la difesa dell'uomo è plausibile che le tracce genetiche siano state lasciate dall'autore dell'iscrizione, forse un tentativo di depistaggio, riuscito per trent'anni. «Una vera speranza», dice il giardiniere. Mestiere in cui la pazienza fa fiorire ogni cosa, perfino la verità.

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