Niente sconti a Corona "perché è un avido"

Gli ermellini spiegano i motivi dei continui no alle richieste del paparazzo

Niente sconti a Corona "perché è un avido"

Continua la via crucis per Fabrizio Corona. Ogni decisione presa dalla magistratura nei suoi confronti sa di vera e propria persecuzione. Se ne sono accorti in tanti, attori, cantanti, politici e gente comune, tutti convinti che la sua condanna sia ingiusta o quantomeno sproporzionata.

Ieri su questa storia è stata scritta una nuova pagina. Sono state rese note, infatti, le motivazioni depositate il 12 marzo dalla Cassazione a fine gennaio che aveva accolto il ricorso del Pg di Milano contro la riduzione che aveva portato la sua reclusione da 13 anni e due mesi a 9 anni.

«Fabrizio Corona, autore di foto-ricatti a vip e calciatori, non può godere dello sconto per cumulo dei reati perché i crimini che ha commesso non sono frutto di un piano scaturito da un unico impulso criminale - scrive la Suprema Corte, presieduta da Maria Cristina Siotto - ma nascono dalla sua inclinazione a delinquere assurta a stile di vita e alimentata da impulsi contingenti e non prevedibili in anticipo, legati alla sua brama di afferrare l'occasione di guadagno».

Per gli ermellini il gip di Milano, che aveva ridotto il cumulo delle condanne, applicando il principio della continuazione dei reati, aveva sbagliato poiché aveva preso in considerazione solo il dato cronologico quindi il fatto che fossero stati commessi in circa un anno e mezzo. Inoltre i supremi giudici rilevano che il gip ha «omesso di valutare la disomogeneità dei beni giuridici offesi (il patrimonio nelle estorsioni), la correttezza dell'ordine economico (nella bancarotta e nei reati fiscali), l'amministrazione della giustizia (nella corruzione), che esclude che fin dalla commissione del primo reato, Corona avesse già preordinato quella degli altri».

La Cassazione ha infine evidenziato che il generico fine di «profitto personale» che secondo il gip sarebbe il collante che tiene insieme tutti i reati, dimostra «l'inclinazione a delinquere» di Corona e il suo «stile di vita», ovvero il ripetere certi comportamenti illeciti, per afferrare ogni occasione

di guadagno. Sulla base di queste indicazioni a giudice viene chiesto di rivedere la sua decisione e motivarla in maniera più convincente oppure di limitarsi ad applicare la continuazione dei reati solo per le estorsioni.

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