Un errore economico, uno strumento politico

Se un dazio danneggia sia il produttore sia il consumatore, coloro che contestano Trump avrebbero una sola cosa da fare: smantellare tutte le barriere e gli stessi aiuti alle imprese

Un errore economico, uno strumento politico
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Per chi crede nella libertà e quindi nel mercato concorrenziale, poche cose sono più assurde dei dazi. Chi alza barriere commerciali s'illude che questo serva a difendere le produzioni nazionali, quando invece si danneggiano i consumatori e, alla fine, gli stessi produttori, che vedono ridurre la competizione e quindi finiscono per perdere di qualità. Nei decenni successivi alla Seconda guerra mondiale, la dimostrazione più clamorosa di tutto questo è venuta dall'Argentina peronista, che è progressivamente crollata per varie ragioni, ma soprattutto perché ha rigettato il libero scambio.

Dinanzi alla politica commerciale di Donald Trump c'è allora da chiedersi quanto vi sia di ideologico e opportunistico, e quanto invece nasca da altre motivazioni.

Polemizzando con l'Europa, ad esempio, il presidente americano ha buon gioco nel dire che l'Unione europea ha alzato barriere molto alte a danno dei produttori statunitensi. Un noto episodio del conflitto che da anni divide le due sponde dell'Atlantico riguarda l'industria aeronautica: lo scontro AirbusBoeing. Nel 2019 perfino la Wto ha autorizzato gli americani a reagire di fronte alle politiche industriali discriminatorie decise da Bruxelles. Nelle tensioni tra Europa e Stati Uniti, allora, l'unica speranza è che l'amministrazione Trump si proponga di spingere gli uni e gli altri ad aprirsi un po' di più.

Chi giustamente ora accusa gli Stati Uniti dovrebbe subito eliminare le proprie misure protezionistiche. Se un dazio danneggia sia il produttore (straniero) sia il consumatore (nazionale), coloro che contestano Trump avrebbero una sola cosa da fare: smantellare tutte le barriere (tariffarie e non tariffarie) e gli stessi aiuti alle imprese. La sensazione, invece, è che non si voglia cambiare strada.

Dal modo in cui tutti reagiscono, è evidente che su questo tema Trump è assai simile ai suoi avversari. Ogni leader politico coltiva un suo «nazionalismo economico» e, insieme a ciò, la persuasione che i dazi di Washington che ostacolano il commercio con i canadesi colpiscano questi ultimi, mentre ogni dazio di Ottawa sia un male per gli americani. Quasi nessuno capisce che la storia delle barriere doganali ricorda quella del marito che per fare un dispetto alla moglie si privò di qualcosa di prezioso.

Va aggiunto che in qualche caso la questione è più articolata. Purtroppo i capi di Stato spesso usano sanzioni e misure economiche quali strumenti politici: e ciò vale sia nei riguardi di Canada e Messico, sia ancor più nei riguardi della Cina. La sfida di natura geopolitica tra gli Stati Uniti e il colosso asiatico si svolge su vari tavoli: certamente anche su questo.

Da europei avremmo una sola cosa da fare: abbattere il sistema protezionistico che da decenni l'Unione europea ha costruito, a favore di pochi privilegiati e a danno della maggior

parte dei cittadini.

Se invece non si procederà lungo questa strada, com'è evidente, le critiche che da ogni parte ora piovono su Trump saranno soltanto esercizi retorici: polemiche superficiali e prive di ogni contenuto.

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