Difficilmente gli studenti dimenticheranno quest'anno scolastico iniziato tra i banchi di scuola e finito nella solitudine della loro camera. La carenza che si porteranno dietro non è legata alla didattica, ma alla crescita relazionale. La dottoressa Domenica Arrigoni, pedagogista e preside del Collegio San Francesco di Lodi dei padri Barnabiti, lo sa bene e prospetta quali saranno per i ragazzi gli effetti delle decisioni prese dal decreto sulla scuola, che probabilmente non riaprirà a maggio.
Cosa stanno perdendo i bambini della materna in termini di crescita umana? E come spiegare ai più piccoli cosa sta accadendo?
«Innanzi tutto bisogna ricordare che la fascia scolare va dai 3 ai 18 anni. Per la scuola dell'infanzia è fondamentale la socializzazione e il raggiungimento delle autonomie di base. Questi gli aspetti che più risentiranno di questa pausa forzata dalla frequenza scolastica. Ai piccoli è necessario fornire una spiegazione chiara e reale di quanto sta accadendo, magari servendosi di una favola. Per mesi sono stati insieme a compagni ed educatori e ora vedono quell'affetto, quel calore venir meno. Perciò bisogna dir loro la verità, con parole semplici, per non creare insicurezze. Non dimentichiamoci che sono veloci ad elaborare i cambiamenti. Il vero problema è per quanti vivono realtà familiari o ambientali difficili».
I ragazzi della scuola primaria avranno conseguenze?
«Purtroppo loro mi preoccupano, soprattutto quelli delle prime classi che tra i banchi imparano a scrivere, contare e leggere. La didattica a distanza non è la stessa cosa e a settembre potrebbero avere diverse lacune».
Quelli della terza media potrebbero saltare l'esame. Un bene o un male?
«Ne ho parlato con gli alunni della mia scuola e sono rammaricati. L'esame è una grande opportunità scolastica e la prima prova importante per dimostrare le loro capacità. Anche ai ragazzi dell'ultimo anno del liceo l'idea di una prova atipica non piace. Se da una parte la maturità è uno spauracchio, dall'altra è la possibilità di misurarsi con sé stessi. Potrebbero avere un senso di inadeguatezza quando si confronteranno con i ragazzi che già sono o arriveranno all'università più in là. Ma la preoccupazione maggiore sono i ragazzi con autismo o handicap relazionali per i quali la scuola è fondamentale perché è momento di inclusione».
Quest'anno difficile rispettare i programmi ministeriali. Cosa consiglia ai docenti?
«Di non
bersagliare i ragazzi con i contenuti. Il ruolo pedagogico va spostato facendo un lavoro di scrematura e puntando su quelle competenze, abilità e capacità che vogliamo far sviluppare ai ragazzi. Non teste piene, ma ben fatte».
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