Un esempio di vita lungo un secolo

uando Lucia gli chiese che cosa ci facesse tutte quelle ore, da solo, accanto al tabernacolo, il cuginetto Francisco Marto rispose: «Niente, io guardo Lui e Lui guarda me».

Un esempio di vita lungo un secolo

Quando Lucia gli chiese che cosa ci facesse tutte quelle ore, da solo, accanto al tabernacolo, il cuginetto Francisco Marto rispose: «Niente, io guardo Lui e Lui guarda me». Quel ragazzino, insomma, a neanche dieci anni aveva raggiunto le più alte vette della mistica contemplativa. Gli era bastato vedere e sentire la Madonna in località Cova da Iria, dal 13 maggio al 13 ottobre 1917. I tre pascolavano le poche pecore di famiglia nei dintorni di Fatima, senza sapere di abitare nell'unico luogo d'Europa che porta il nome della figlia prediletta di Maometto. Tutto si deve a una fanciulla musulmana così chiamata. Nel XII secolo, al tempo della riconquista del Portogallo ai mori, Alfonso Henriques, che fu il primo re, era sposato con Mafalda di Savoia. I suoi cavalieri avevano portato, tra gli altri prigionieri, anche questa Fatima, che la regina prese subito a cuore. La fece istruire nel cristianesimo, le fece impartire il battesimo e poi le trovò marito tra i nobili della corte. Per festeggiarne il battesimo fece erigere una cappella in onore di lei in un luogo che la gente prese a chiamare Fatima.

I tre veggenti del 1917 Lucia dos Santos e i cugini Jacinta e Francisco Marto - avevano cominciato a vivere nel mistero fin dalla primavera del 1916, quando un essere sovrannaturale, qualificatosi come l'Angelo del Portogallo, li aveva preparati alla successiva visita della Madonna. La Vergine, in una delle sue apparizioni, con scarsa sensibilità politicamente corretta mostrò loro una visione dell'Inferno, e le anime che ci finivano. Francisco, si badi, aveva solo nove anni, sua sorella sette. Non solo. La Madonna preannunciò loro che sarebbero morti presto, mentre la cugina Lucia sarebbe rimasta «ancora un poco» (è morta a 98 anni nel 2005). I due fratellini presero molto sul serio la predizione. Jacinta cominciò, di sua iniziativa e di nascosto, a far penitenza «per i peccatori», come richiesto dalla Madonna. Francisco smise di botto con i suoi modi sbarazzini e assunse un'aria amabile e riflessiva. Quando venne l'ora di andare a scuola, lui preferì passare il tempo in chiesa; tanto, sapeva che non sarebbe durato molto. I due si prepararono con grande serietà al passo fatale. Nel dicembre del 1918 vennero colpiti dalla terribile influenza «spagnola» che spopolò un'Europa già devastata dalla Grande Guerra. Lui morì il 4 aprile 1919, lei il 20 febbraio 1920. Lui affrontò il male con una serenità che stupì tutti quelli che assistevano. Volle fare anche la prima comunione ufficiale (quantunque l'Angelo del Portogallo avesse comunicato tutti e tre i veggenti nel 1916). Per lei fu più penoso, perché fu anche ricoverata all'ospedale di Lisbona.

Di lei così scrisse nel 1935 la cugina Lucia: «È ammirevole come avesse compreso lo spirito di preghiera e di sacrificio che la Madonna ci raccomandò». Non c'erano antibiotici a quel tempo e, quando portarono Jacinta in ospedale, già la situazione era gravissima. Le trovarono una larga piaga nel lato sinistro e le dovettero asportare due costole. Senza anestesia, perché quel corpicino gracile non l'avrebbe sopportata. Jacinta morì lontano dalla famiglia, assistita solo dai medici. I quali stupirono per la seria fermezza con cui quella ragazzina affrontava i dolori e la morte. Il suo corpo fu tumulato in una cappella.

Quindici anni dopo, nel portarlo a Fatima, si accorsero che il suo volto era rimasto incorrotto. I due pastorelli che videro la Madonna nel 1917 sono stati beatificati nel 2000 da papa Wojtyla a Fatima. Ora Francesco completa l'opera, sempre a Fatima, canonizzandoli.

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