Dc, Sud e sinistra: quei "raccionamendi" da politico d’antan che non capì il Paese

Esponente della sinistra democristiana, gettò un ponte verso Berlinguer. Agnelli lo definì "un intellettuale della Magna Grecia". Anche da sindaco di Nusco sembrava un gigante

Dc, Sud e sinistra: quei "raccionamendi" da politico d’antan che non capì il Paese

L’ex presidente del Consiglio e segretario della Dc, Ciriaco De Mita, è morto ieri mattina alle 7. Era ricoverato alla clinica Villa dei Pini di Avellino dal 5 aprile a seguito di un attacco ischemico. Le sue condizioni si erano aggravate negli ultimi giorni. La salma è stata trasportata nella sua abitazione di Nusco, il comune dove era nato e del quale era sindaco. I funerali si svolgeranno oggi pomeriggio a Nusco. Sarà presente il capo dello Stato Sergio Mattarella

Si dice sempre io lo conoscevo bene. Ma io lo conoscevo davvero bene, nel lungo periodo in cui lavoravo a Repubblica lui e Scalfari avevano formato una coppia di fatto. E in quella coppia Eugenio avrebbe voluto includermi come cantore della loro relazione che era sia politica che umana. Purtroppo, io e Ciriaco non ci siamo mai piaciuti e anzi ci eravamo cordialmente antipatici. Scrivevo sempre su di lui articoli del tutto veritieri che per questo lo irritavano. Mi chiamava e mi chiedeva con aggressività: «Ma che cosa hai scritto?» E io rispondevo «Ho scritto quello che tu hai detto. Anzi, ho tentato di tradurre in italiano le tue parole e non è cosa facile. La sua risposta, era sempre la stessa: «Ma che c'èndra! Io stavo solo facendo un raccionamendo».

Chiamava, col suo inconfondibile accento di Nusco in provincia di Avellino, «Raccionamendo» una esposizione di parole ellittiche, allusive, circolari, dal significato recondito, motivo per cui l'avvocato Gianni Agnelli, presidente della Fiat, lo definì «un intellettuale della Magna Grecia». De Mita era veramente un intellettuale della Magna Grecia sia perché era un intellettuale aggiornato, sia perché era un campione di meridionalità. Aveva alcune manie di grandezza come quella della sua abitazione che comprendeva un posto di polizia permanente ai tempi del terrorismo ed era un uomo colto, curioso, orgoglioso, antipatico, ma proprio per questo rispettabile. In me stimolava il sincero desiderio di capire che cosa volesse realmente dire. Era uno dei grandi personaggi della Democrazia Cristiana e fu Presidente del Consiglio dopo Craxi che odiava a morte. Al suo odio si aggiungeva l'ira implacabile antisocialista di Enrico Berlinguer nel tentativo di rifondare il suo Partito comunista sganciandolo dall'Unione Sovietica dalla dipendenza dalla rivoluzione d'ottobre e alla ricerca di una ideologia moralistica, sicché si aveva da una parte la Democrazia cristiana di sinistra governata da De Mita e dall'altra il Partito socialista asserragliato nel suo ridotto poi espugnato con lacrime e sangue. Come direttore dell'orchestra e scrittore dello spartito c'era Eugenio Scalfari sulla ammiraglia del giornale la Repubblica in cui si facevano e si disfacevano i governi. Scalfari com'è noto fu dapprima fascista, poi monarchico, poi liberale, poi radicale, poi socialista, poi comunista e infine democristiano, perché aveva sempre tentato alla maniera dei trotskisti di entrare in tutti i partiti per dirigerne la danza.

Ciriaco era alla fine dei conti un uomo di irresistibile simpatia proprio perché era consapevole della sua volontà di provocare. Quando alla fine fece il suo governo secondo l'intesa della staffetta per cui avrebbero dovuto succedersi a Palazzo Chigi una volta Craxi e una volta lui (staffetta che non si fece mai perché la situazione poi precipitò) il suo governo non ebbe alcuno smalto e non incise minimamente sul modo di far politica in Italia alla maniera democristiana di sempre. Nei confronti di Bettino Craxi aveva un palese complesso di inferiorità e Craxi lo trattava come una pezza da piedi.

Devo dire che viene da piangere ricordando quel tempo di quasi quaranta anni fa, in cui la politica appariva così semplice anche se brutale, così nitida malgrado l'eccedenza delle parole. Gli italiani votavano disciplinatamente per i partiti di sempre con variazioni di pochi centesimi di percentuale e l'Italia sembrava stabile anche se afflitta da una guerra civile mentale che preludeva alla successiva guerra civile mentale scatenata poi contro Berlusconi che fu il prosecutore per molti versi della politica di Bettino Craxi, sicché possiamo dire che questa guerra civile abominevole dura da quasi mezzo secolo con la scomparsa degli attori principali salvo Berlusconi che viene costantemente crocefisso da processi che non hanno nessun senso e che mostrano quanto la politica sia stata piegata, abusata dal potere giudiziario gelosissimo dei suoi privilegi e che ormai rappresenta la conservazione spesso puramente reazionaria.

De Mita accompagnò questa degenerazione con provinciale piacere visto che mentre aveva dei vantaggi immediati e non si rese conto minimamente che quel disastro avrebbe di lì a poco distrutto il tessuto della politica italiana e il prestigio delle istituzioni tuttora trattate alla stregua della famosa scatola di tonno del comico politico che ha sostituito sia Carlo Marx che Benedetto Croce. Ricordo che De Mita veniva invitato, come ogni leader politico, nei giornali per fare una grande discussione con i giornalisti (chiamata pomposamente forum) di cui poi si pubblicavano gli estratti e ammetto che ho più volte cercato di occuparmi di rimettere insieme i dialoghi di De Mita con i giornalisti. Invariabilmente Ciriaco mi telefonava per dirmi quanto fosse insoddisfatto e io gli ripetevo che avevo semplicemente pubblicato quel che lui diceva. De Mita si appoggiò al quotidiano Repubblica provocando una sommossa nella redazione che aveva sempre guardato con diffidenza lo strapotere della balena bianca e poi lo stesso Carlo De Benedetti che intervistai dopo la sostituzione di Scalfari alla testa del giornale che aveva acquistato, mi disse di aver considerato quel matrimonio tra giornalismo e politica un bolo indigeribile.

De Mita rappresentava la sinistra democristiana ormai vittoriosa su ogni destra definitivamente scomparsa dopo l'uscita di scena di personaggi come Amintore Fanfani. Degli altri della vecchia guardia anticomunista. Costruì un ponte fra il suo partito di cui era diventato segretario generale e il partito comunista Enrico Berlinguer ma era un ponte fragile che provocava reazioni di distacco sia tra i democristiani che tra i comunisti.

Il mondo non aveva ancora visto la caduta dell'impero sovietico, non avrebbe mai immaginato l'operazione giudiziaria Mani pulite benché proprio Enrico Berlinguer avesse rifondato il suo partito all'insegna di questo slogan: i comunisti hanno le mani pulite. Ricordo con affetto il suo rapporto profondo profondissimo con sua figlia che lo contestava e lo amava e il modo umano e simpatico con cui questo potente leader si azzuffava con una intelligentissima adolescente. È morto al termine di una vita piena di soddisfazioni ma non di vittorie.

La sua visione dell'Italia risultò inadatta al Paese tanto è vero che De Mita rimase sempre una figura enigmatica per gli alleati europei ed americani che seguitavano a non comprenderne la sua sintassi mentale distaccata dai processi logici su cui la politica occidentale si fonda. Ciononostante scompare con Ciriaco De Mita un gigante se paragonato ai molti nani dei nostri tempi.

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