Europa in pezzi sulle sanzioni all'Ucraina

Al confine tra Russia e Ucraina, nonostante gli allarmi della Casa Bianca non si muove un solo soldato

Europa in pezzi sulle sanzioni all'Ucraina

Al confine tra Russia e Ucraina, nonostante gli allarmi della Casa Bianca non si muove un solo soldato. E, come spiega Oleksii Reznikov, ministro della Difesa di Kiev citato dal New York Times, «le forze russe non hanno mosso, per ora, un solo gruppo d'assalto». In compenso le inquietudini della Casa Bianca, pronta a fermare a colpi di sanzioni la temuta invasione, mandano in pezzi l'Europa. Da Berlino a Milano, da Zagabria a Parigi, le armate russe sembrano far assai meno paura delle rappresaglie economiche pronte a mandare a rotoli le economie di paesi abituati a riscaldarsi con il gas di Mosca e a incassare miliardi con le esportazioni in Russia. La prima a far incavolare Washington è la Germania del neo-cancelliere Olaf Scholz. Fedele ai concetti socialdemocratici di «detente» e «ostpolitik», ma assai attento a non rischiare i 23 miliardi di export annui incassati da Berlino, Scholz continua a giurare fedeltà alla Nato, ma anche a ricordare che il gasdotto NordStream Due, pronto a raddoppiare le forniture di Gazprom, è «un progetto privato», «separato dalla questione ucraina», di cui non può garantire la chiusura. Anche l'Italia assopita nella contesa quirinalizia contribuisce, nel suo piccolo, a smentire una Ursula von der Leyen pronta a giurare su twitter che «l'Europa sta con l'Ucraina» e che noi europei «siamo fermi nella nostra determinazione». Un'affermazione che non sembra aver convinto le sedici grandi aziende italiane (tra cui Pirelli, Generali Unicredit, Enel e Banca Intesa Barilla e Snam) pronte ad ascoltare le rassicurazioni di Putin durante la video conferenza organizzata ieri dalla Camera di commercio italo russa. Un distinguo non da poco, visto che a Washington le aziende del Belpaese sono ben più quotate dei nostri governi. Comunque siamo in buona compagnia. Domani Emmanuel Macron, pur garantendo l'invio di truppe in Romania per la difesa dei confini Nato, discuterà con il presidente russo un «percorso di de-escalation» basato non sulla minaccia di sanzioni, ma sulla ripresa dei negoziati tra Russia, Ucraina, Francia e Germania. Anche perché, viste le prove dell'intelligence americana «non ce la sentiamo - sussurrano su Le Monde fonti dell'Eliseo - di dedurre che un'offensiva sia imminente». In Croazia, invece, le divergenze sull'Ucraina spaccano persino le istituzioni nazionali.

Là il ministro degli esteri Gordan Grli-Radman giura fedeltà alla Nato, mentre il presidente Zoran Milanovi richiama dalla Polonia le truppe garantite all'Alleanza. E assicura che non le farà ripartire fino al termine della contesa sull'Ucraina.

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