«Esseri imperfetti che vivono in un mondo imperfetto, siamo condannati a trovare solo briciole di felicità», scriveva Julio Ramón Ribeyro, pensando a esseri reali e a un solo mondo. Oggi invece siamo quotidianamente abituati a sentire parlare gli scienziati di altri mondi, di universo, al massimo di multiversi, ma adesso siamo arrivati al metaverso, solo che non sono gli astrofisici a parlarcene. Si tratta dell'ultima trovata di Mark Zuckerberg, che, per accalappiare tutti quelli non contenti di vivere e condividere di già la propria vita negli status di Facebook, nei buongiornissimi di Messenger, nelle stories e nei reels di Instagram o in interminabili vocali di WhatsApp (seriamente, gli autori di messaggi vocali sopra il minuto e mezzo andrebbero processati per disturbo della quiete privata), adesso vuole giustamente creare un suo universo, perché limitarsi. Il problema è che non siamo come in Ready Player One di Spielberg con tute integrali che ci immergono in una realtà virtuale e quindi bisogna pensare come fare a costruirlo sul serio un universo tutto nuovo. E cosa serve? Non polvere di stelle, ma un computer e non uno qualsiasi, uno super. È infatti appena stata annunciata da parte di Meta, il nuovo nome della compagnia di Facebook, la costruzione del supercomputer più veloce del mondo. L'AI Research SuperCluster verrà utilizzato per sostenere tutte le operazioni necessarie a creare l'intelligenza del metaverso, sarà costituito da decine di migliaia di unità di elaborazione grafica e potrà gestire decine di terabytes di dati di allenamento al secondo. E, nonostante sia così super, dovrà allenarsi con tantissime informazioni che gli verranno date in pasto a partire proprio da tutto il materiale generato negli anni dagli iscritti ai prodotti Meta. In altre parole, un computer così intelligente dovrà allenarsi sui nostri selfie (anche quelli più brutti), i nostri gattini, i nostri balletti e le nostre challenge social, tutto in modo criptato ovviamente per garantire la sicurezza dell'operazione.
Una volta che sarà completato, in tempi record nonostante la crisi dei superconduttori e le limitazioni pandemiche, riuscirà a processare il più grande numero di informazioni al secondo rispetto a qualsiasi altro supercomputer esistente, ben 5 exaFLOPS, che sono proprio tanti flops, ma in gergo informatico è una cosa bella, non una défaillance. Con una realtà virtuale così avanzata sarà difficile per il nostro cervello riuscire a riconoscere la vera realtà, anche perché ci sarebbe da chiedersi dove sia meglio vivere e dove sarà possibile trovare più briciole di felicità.
Certo, finché l'intelligenza è la nostra e tiene sotto controllo quella artificiale va tutto bene, ma cosa succederebbe se invece, in una specie di scenario apocalittico non troppo irrealistico, fossero i computer a prendere il controllo? La risposta per fortuna c'è ed è stata scritta in un breve e formidabile racconto di Fredric Brown intitolato appunto La Risposta, dove un gruppo di scienziati, dopo aver ultimato le saldature necessarie a collegare i computer di tutti i pianeti abitati dell'universo, decide di porre al supercomputer la domanda delle domande, quella domanda a cui nessun singolo computer aveva mai potuto rispondere prima:
c'è Dio? «L'immensa voce rispose senza esitazione, senza il minimo crepitio di valvole o condensatori. Sì: adesso, Dio c'è». Ecco, va bene tutto, ma Mark Zuckerberg in versione divinità forse sarebbe un filino eccessivo.
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