Mancavano solo i giudici della Corte dei Conti, nel panorama delle toghe che in questi anni si sono date da fare per la caccia a Silvio Berlusconi. La lacuna adesso è colmata, anche se il tema è quasi surreale: la Procura regionale per il Lazio della Corte dei Conti ha aperto una inchiesta contro il Cavaliere, cui intende chiedere di risarcire i danni di "immagine allo Stato" per avere fatto cadere il governo Prodi nel 2008. Secondo la tesi d'accusa, la crisi di governo avrebbe minato la credibilità dell'Italia sui mercati finanziari internazionali, alzando pesantemente lo spread. I magistrati contabili si sono presi la briga di affidare alla Guardia di finanza una indagine (che si sarebbe potuta agevolmente fare con i ritagli di stampa) sull'andamento dello spread a cavallo delle dimissioni di Romano Prodi: hanno accertato che a maggio 2008, alla vigilia della crisi, il tasso era di 43,3 e dopo le dimissioni del Professore salì ininterrottamente fino alla cifra record di 522,8 alla caduta del successivo governo Berlusconi.
Su quell'innalzamento dello spread, oggettivamente abnorme, ha indagato a lungo come è noto la Procura di Trani, che però vi intuiva colpe esattamente opposte: a spingere per affossare i titoli di Stato italiani erano le grandi agenzie di rating, che manovravano per sgomberare l'Italia da Berlusconi e spianare la strada all'avvento dei "tecnici", con in testa Mario Monti. Il processo di Trani si è però concluso con la assoluzione degli imputati. Ora la Corte dei Conti capovolge la vicenda, e attribuisce a Berlusconi e alla sua operazione contro Prodi la colpa di tutto.
Per i magistrati contabili, il misfatto si sarebbe consumato con la "compravendita" di voti in Senato: in particolare con il passaggio nelle file dell'opposizione del senatore Sergio De Gregorio, entrato in Parlamento nelle file dell'Italia dei Valori, il partito di Antonio Di Pietro. Per avere finanziato De Gregorio in cambio del salto di schieramento, Berlusconi è finito sotto processo a Napoli, dove è stato condannato in primo grado. Su quella condanna si basa l'indagine ora aperta dalla Corte dei Conti, che si preparerebbe a chiedere a Berlusconi il doppio dei tre milioni di finanziamento concesso a De Gregorio.
Peccato che quella condanna non sia mai divenuta definitiva: in appello il processo si è estinto per prescrizione. E peccato soprattutto che a fare cadere il governo Prodi non fu solo il voto di De Gregorio, ma la dissoluzione della maggioranza raccogliticcia che lo aveva tenuto in piedi fino a quel momento.
A votare la sfiducia al Professore a Palazzo Madama, la sera del 24 gennaio 2008, al termine di una seduta infuocata, furono una lunga serie di senatori della sua stessa maggioranza: come il rifondarolo Franco Turigliatto, i liberaldemocratici di Lamberto Dini e l'intero blocco dell'Udeur di Clemente Mastella. La Corte dei Conti chiederà i danni anche a loro?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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