Chi ha vinto le elezioni regionali di domenica e lunedì? Ad una prima lettura dei dati sembrano avere perso in molti. Considerando solo le sei regioni in cui si è votato (e escludendo quindi la Valle d'Aosta) il Pd appare come la forza politica che ha raccolto il maggior numero di voti: 1.774.412 contro i 1.240.768 ottenuti dalla Lega, seconda in questa graduatoria. Seguono FdI e poi il M5S che è crollato a 660.837 voti. Tranne che il partito della Meloni tutti però hanno ottenuto meno voti che alle politiche del 2018 e alle Europee dell'anno scorso.
La circostanza si spiega considerando la presenza delle «liste per il Presidente», formazioni costituite ad hoc per queste consultazioni, basate sull'appeal personale dei singoli candidati e che complessivamente hanno totalizzato 1.198.917 voti. Anche aggiungendo questi consensi a quelli ottenuti dai partiti di riferimento dei candidati alla guida delle Regioni, la graduatoria dei partiti sostanzialmente non cambia, con il Pd che ottiene complessivamente il 30.5% e la Lega che segue 23.3%
Ciò ha portato qualche esponente politico ad affermare che «Il Pd è il primo partito», o che «FdI ha ormai superato il M5s», proiettando così i dati a livello nazionale.
Si tratta di un operazione per molti versi azzardata. Le regioni in cui si è votato sono infatti lungi dal rappresentare un campione degli elettori italiani. Inoltre, queste elezioni, dato il loro carattere per molti versi locale, hanno visto un gran numero di elettori praticare scelte diverse (talvolta opposte) che in passato, specie per ciò che riguarda le «liste dei presidenti».
Secondo i flussi elaborati da Swg, il 25% dei voti ottenuti dalla lista De Luca in Campania provengono dal centrodestra, cosi come, di converso (sempre secondo la stessa fonte) «buona parte dei voti raccolti da Toti in Liguria proviene fuori dal centrodestra» (e dall'astensione).
Si ripeterebbe, in occasione di consultazioni nazionali, questa grande mobilità rispetto al passato? Per certi versi, come ad esempio il drenaggio di voti per il M5s, da tempo segnalato dai sondaggi, probabilmente sì, ma per altri forse no, specie nel momento in cui si è trattato di scelte legate specificatamente alla figura (e all'appeal) dei candidati alla presidenza delle diverse regioni.
Resta il fatto che, sino ad oggi, le rilevazioni condotte su campioni nazionali non confermano la graduatoria di partiti emersa dal voto regionale.
Secondo Demopolis (il cui presidente Vento è stato interpellato da Repubblica) il distacco tra Pd e Lega è notevolmente diminuito (da 15 punti a 4) da agosto ad oggi, ma rimane tuttora a favore di quest'ultima. E anche i dati di Eumetra confermano questo scenario.
Ancora, Alessandra Ghisleri, su La Stampa, sottolinea la «contraddizione» tra le rilevazioni a livello nazionale che pongono tuttora il M5s come terzo partito e la graduatoria parziale emersa dalle elezioni di domenica.Le elezioni regionali hanno quindi dato dei segnali importanti sulle tendenze dell'elettorato. Ma occorre grande cautela nell'assumerle come un trend nazionale consolidato.
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