Contrordine, Trump non era poi così brutto e cattivo come ci raccontavano. Non era l'orco, un po' cafone e un po' razzista, che ha umiliato e vilipeso centinaia di anni di gloriosa democrazia a stelle e strisce. E, sorpresa delle sorprese, non era neppure quel tycoon semifallito e incompetente volato direttamente - come una specie di Kim Kardashian - dagli studi del reality show «The Apprentice» allo studio ovale. Però, gli opinionisti e i politici mainstream, hanno aspettato la notte delle elezioni per dircelo. Forse temevano che, se ci avessero avvisati in tempo utile - credendoci la cinquantunesima stella sulla bandiera americana - ci saremmo precipitati a imbucare il nostro voto postale in favore di The Donald. Quindi, la serata tra il 3 e il 4 novembre, sarà ricordata non solo per la grande incertezza dei risultati, ma anche per la quantità delle conversioni in diretta televisiva. Tutti i grandi network, dalla Rai a Mediaset passando per la 7, hanno coperto le elezioni presidenziali con dirette fiume che sono giunte fino all'alba. Così i commentatori più radical e dem, quelli che si aspettavano un marea blu, hanno iniziato ad avvilupparsi in circensi piroette. O forse, semplicemente, è saltata fuori quella verità che per anni è stata indicibile. «Chi si aspettava che il voto nelle urne fosse una valanga nei confronti dell'uno o dell'altro non avrà una conferma» spiega con pacata ragionevolezza Walter Veltroni. Il quale, però, temiamo che nel corso degli ultimi mesi non abbia spiegato la stessa cosa ai suoi compagni di partito, che seguitavano a dare per certa la sconfitta del magnate repubblicano.
Gianni Riotta, dagli studi di Quarta Repubblica, ha illustrato magistralmente la complessità della società statunitense, troppo spesso letta, dall'Europa e dall'Italia, con una semplicistica logica binaria. Logica meticolosamente applicata dai mezzi di comunicazione di sinistra. Così, scanalando tra un programma e l'altro, si scopre - attraverso interventi e servizi - che Trump non viene votato solo dai bianchi (per definzione rozzi ed ignoranti) che abitano le periferie dell'impero, ma anzi ha incrementato la sua popolarità tra i latinos. Lui, il bianco miliardario cresciuto nel centro di New York, ha conquistato gli immigrati latinoamericani. Il clima, in tv, sembra improvvisamente cambiato. Si parla persino del miracolo economico di Trump (al netto dei clamorosi errori commessi dall'amministrazione sul covid): il pil nel terzo trimestre ha registrato un +33,1% su base annua, i consumi +40% e l'export +33%). Chiarissime le parole di Lia Quartapelle, responsabile economica del Partito Democratico, a Porta a Porta: «Persino io che mi auguro per tutta la vita che vinca Biden, non posso negare che la conduzione economica di Trump è stata largamente positiva e per gli americani questo pesa e forse pesa anche più della conduzione sanitaria». Giustissimo, logico. Peccato che in questi quattro anni il racconto europeo dell'era trumpiana sia stato sempre - salvo autorevoli eccezioni - di segno opposto.
Ora, nella infinita notte delle elezioni, si può dire anche questo.
Come se, dal 2016 a oggi, fosse stato imposto un lunghissimo silenzio elettorale, per non incrinare l'immagine del Trump impresentabile e pasticcione. Alla fine Trump verrà giudicato dalla storia che, fortuna sua, ha molto più di una concitata notte elettorale per tirare le somme.
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