Fatale la trappola esplosiva: tre pompieri morti nel casale

Intervento dopo il primo boato. Poi la deflagrazione travolge l'intera squadra. Bombole collegate al timer

Fatale la trappola esplosiva: tre pompieri morti nel casale

Un crepitio leggero. «Come un brusio verso mezzanotte meno dieci», spiega il signor Pasquale Umberto che abita a circa 300 metri. Poi dopo mezz'ora ecco uno scoppio fortissimo. Una persiana scavalca la siepe, vola sopra la strada, atterra in un prato fra le case e le cascine sprofondate nella notte. «Sono arrivato qua subito dopo - prosegue il testimone - e ho visto un ammasso di pietre, tegole, travi. Un pompiere, sepolto dai calcinacci, gemeva e muoveva appena un braccio mentre i colleghi cercavano disperatamente di liberarlo. A un certo punto il braccio si è fermato e i lamenti hanno lasciato il posto al silenzio».

Muoiono in tre, all'incrocio fra criminalità e fatalità: Matteo Gastaldo, Marco Triches, Antonino Candido, il più giovane, solo 32 anni. La prima esplosione, nel casale deserto e in vendita da un paio d'anni, sveglia i vicini che sentono il colpo e chiamano i carabinieri e i vigili del fuoco. Il secondo botto, molto più forte, travolge la squadra al lavoro: all'ingresso hanno visto attraverso una grata divelta, una bombola aperta collegata ad un timer e l'hanno chiusa, poi si sono spostati nella dependance, contigua all'edificio principale, alla ricerca di altre eventuali bombole. È il momento fatale in cui viene giù tutto. Tre vittime e tre feriti: fra di loro un carabiniere.

Un bilancio da guerra per quella che sembra subito una trappola: c'era un innesco, un timer rudimentale. La prima ipotesi, agghiacciante, è quella di un'imboscata dalla matrice mafiosa o terroristica, ma per fortuna già al mattino gli investigatori ridimensionano il quadro: è stato un atto doloso, ma nessuno aveva messo in conto l'intervento dei pompieri. Probabilmente, chi aveva organizzato l'attentato pensava che l'esplosione sarebbe stata una sola.

Insomma, si è trattato di un piano sfuggito di mano al suo ideatore. Il procuratore di Alessandria Enrico Cieri, pur addolorato, tira un sospiro di sollievo: «È stato un gesto deliberato, ma scartiamo la matrice eversiva». Piccola criminalità, dunque, sullo sfondo di un personaggio controverso: il padrone dell'immobile Giovanni Vincenti. Abitava qui fino a un paio d'anni fa, quando se n'era andato a cercare fortuna ad Alessandria. Negli anni aveva ristrutturato il complesso, acquistato nel 1994, con lavori imponenti, soluzioni raffinate e finiture di pregio. Col tempo aveva risistemato anche il secondo edificio, trasformandolo all'inizio in una scuderia per i cavalli, la sua grande passione, e poi nell'abitazione dei suoceri. Non solo: Vincenti aveva aperto anche un maneggio, ceduto in seguito quando la fortuna aveva voltato le spalle al piccolo imprenditore.

Un paio d'anni fa la famiglia aveva abbandonato la cascina, che è rimasta sul mercato fino a ieri al prezzo di 750mila euro. Ora la costruzione principale è danneggiata, il tetto squarciato; la dependance, diventata una tomba come in una fiction americana, è un ammasso di rovine. Per tutto il giorno vanno avanti gli interrogatori: Vincenti, la moglie Antonella, il figlio Stefano, a quanto sembra in pessimi rapporti con il padre. Tutti ascoltati, almeno per ora, come persone informate dei fatti, come dicono gli addetti ai lavori. «Abbiamo trovato un timer, una scatoletta e una bombola del gas - aggiunge Cieri - e abbiamo iniziato l'esame dei reperti», affidati ai tecnici del Ris di Parma, l'ormai celeberrimo reparto dell'Arma che ha sbrogliato molti casi. L'impressione è che la soluzione non sia lontana, negli innumerevoli affari del protagonista, dipinto da tutti come un personaggio spregiudicato, anche se i militari ripetono con una frase un po' contorta: «Non lo si può definire un pregiudicato».

Alle cinque del pomeriggio, dopo una giornata frenetica, anche il camion dei pompieri

caduti sul campo viene finalmente spostato: i vetri sono rotti. Ma non sono stati i sassi di qualche manifestante, come talvolta capita.

No, è stato un ordigno in questa pianura appartata sotto le prime colline del Monferrato.

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