Il mercato del lavoro è in piena crisi, ma la maggioranza (soprattutto nella componente pentastellata) celebra con enfasi la lieve ripresa del numero degli occupati a luglio, salito di 85mila unità in virtù del maggiore impiego di donne nella fascia 35-50 anni (+80mila unità). I dati pubblicati ieri dall'Istat, tuttavia, non incoraggiano i facili entusiasmi: il tasso di disoccupazione è salito al 9,7% (31,1% quella giovanile). Da febbraio 2020, ha spiegato l'istituto di statistica, il livello dell'occupazione è sceso di quasi 500mila unità e le persone in cerca di lavoro sono cresciute di circa 50mila, a fronte di un aumento degli inattivi di quasi 400 mila. Insomma, la crisi causata dal Covid è visibile, ma nel governo l'unico indirizzo adottato è quello del ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, che insiste sul blocco dei licenziamenti.
E quando a fine anno la misura straordinaria terminerà, segnala Confcommercio, «il ritorno sul mercato di parte degli inattivi e la fuoriuscita dal limbo della Cig e dai fondi di solidarietà di parte dei dipendenti rischia di spingere velocemente al rialzo il numero di persone in cerca di occupazione». Confesercenti, invece, ha lanciato l'allarme sulla «strage degli autonomi» (-4,5% la variazione annua) che si accompagna alla falcidia dei contratti a termine.
Dinanzi a uno scenario drammatico si registra, invece, lo scarso senso di realtà del presidente dell'Anpal, Mimmo Parisi, che in un'intervista alla Stampa ha definito un «risultato straordinario» l'aver sottoscritto 196mila contratti di lavoro (di cui poco più della metà ancora in essere) a fronte di una platea di 2,2 milioni di percettori del reddito di cittadinanza. Né si può trascurare l'invocazione della Cgil di «un grande piano di investimenti pubblici e privati, un nuovo ruolo e protagonismo dello Stato per la creazione di nuova e buona occupazione». Dall'altra parte, Confindustria nel corso di un'audizione sul dl Agosto ha segnalato che, con «un calo del Pil atteso tra il -10 e il -11% nel 2020, il blocco dei licenziamenti è irrazionale» perché, ha evidenziato il direttore generale Francesca Mariotti, «la priorità è la riforma degli ammortizzatori sociali» in quanto le risorse andrebbero utilizzate per favorire la ripresa dell'attività economica.
Le forze economiche e sociali del Paese sono divise e il governo non appare in grado di fare una sintesi. Ne è prova proprio il recente dibattito sui navigator del reddito di cittadinanza che, come dimostrano i risultati, non sono stati in grado di svolgere appieno il compito di ricollocare i disoccupati e che fra un anno vedranno scadere i propri contratti. L'esecutivo Conte appare sempre un passo indietro rispetto alle dinamiche contemporanee come lo smart working che sta inducendo le grandi aziende, a partire da quelle a controllo pubblico come Eni e Leonardo, a ripensare le dinamiche della produttività e anche i costi legati all'occupazione degli spazi. Dall'altro lato, ci sono i sindacati «dialoganti», come lo è storicamente la Fismic che con il segretario generale, Roberto Di Maulo, si è smarcato dal pressing di Cgil, Cisl e Uil per i rinnovi contrattuali.
«Con l'inflazione ferma e l'economia in profonda stasi significa soltanto che i sindacati confederali pensano ad accrescere in maniera egoistica i diritti di coloro che sono già protetti», ha dichiarato auspicando il ricorso a tutti i fondi Ue disponibili, a partire proprio dal Mes.
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