Fiducia italiani mai così alta. Visco: "Ripresa oltre le stime"

L'Istat certifica il record di ottimismo dal 1998. E lo sblocco dei licenziamenti non ha creato disoccupazione

Fiducia italiani mai così alta. Visco: "Ripresa oltre le stime"

La fiducia del Paese è ai massimi, come certifica l'Istat, e l'occupazione in risalita senza l'ondata di licenziamenti che era stata paventata dai sindacati con la fine del blocco dal primo luglio. «L'indice di fiducia dei consumatori, dopo il calo registrato lo scorso mese, torna ad aumentare - scrive l'Istituto di statistica - raggiungendo il valore più elevato dall'inizio della serie storica (gennaio 1998). Tutte le nove serie componenti l'indice di fiducia sono in miglioramento, con esclusione delle attese sulla situazione economica generale e su quella personale».

Dopo la standing ovation di Confindustria, è la conferma che la fiducia del Paese è riposta soprattutto nel premier Draghi. L'Istat rileva che il «deciso aumento dell'indice di fiducia dei consumatori riflette un diffuso ottimismo soprattutto sulla situazione economica generale e su quella corrente. In particolare, il clima economico e quello corrente registrano gli incrementi più marcati; il clima personale e quello futuro evidenziano aumenti più contenuti».

Del resto sul fronte del lavoro l'impatto sociale da fine blocco dei licenziamenti che era stato paventato dai sindacati - che chiedevano una proroga per tutte le imprese - non c'è stato. Lo certifica Bankitalia nella nota congiunta con il ministero del Lavoro: «Il buon andamento complessivo della domanda di lavoro e la possibilità di ricorrere ai regimi di integrazione salariale senza costi mantengono i licenziamenti in luglio e agosto su livelli molto bassi, nonostante la rimozione dal primo luglio del blocco dei licenziamenti in alcuni settori, che impiegano circa quattro milioni di dipendenti». Nel documento si ricorda che la rimozione, dal 1 luglio 2021, della sospensione delle procedure di licenziamento per circa quattro milioni di lavoratori a tempo indeterminato ha riguardato i comparti edile e industriale (con l'eccezione del tessile, dell'abbigliamento e della pelletteria). Si stima che in luglio l'eliminazione del vincolo «abbia sbloccato circa 10mila licenziamenti, riportandone il numero sui livelli medi del 2019». I licenziamenti sono però tornati già ad agosto «su valori estremamente contenuti, per effetto sia della ripresa ciclica sia del perdurare di condizioni favorevoli per l'accesso ai regimi di integrazione salariale». In parallelo dal primo gennaio alla fine di agosto sono stati creati oltre 830mila posti di lavoro dipendenti, a fronte dei 32mila del 2020 e dei 689mila del 2019.

Se dunque la crisi innescata dal covid ha prodotto «la più grande recessione nella storia del nostro Paese in tempo di pace», ha anche mostrato che l'economia italiana, «nonostante la debolezza che ha in molti campi, è vitale», dice il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco. E «questo fa ben sperare per questa ripresa in corso che va al di là delle previsioni che eravamo riusciti a elaborare a inizio anno». Il numero uno di via Nazionale osserva anche che il rialzo dei prezzi al consumo in atto deve essere giudicato «temporaneo» perché «non ci sono fattori di fondo che spingano a pensare che questa inflazione sia destinata a perdurare nel tempo». E le previsioni a livello europeo indicano che «l'inflazione nella media sarà superiore al 2% quest'anno, ma l'anno prossimo e il successivo scenderà al di sotto» di questo livello che per la governance della Bce definisce la stabilità dei prezzi.

Se la crescita è stimata al 6 per cento, resta l'incertezza sul futuro, sulla capacità del Paese di trasformare il rimbalzo post pandemia in un andamento strutturale. Secondo il governatore infatti «è difficile dire quale sarà la nuova normalità.

Ci saranno anche imprese che non ce la faranno e questo avrà effetto sull'occupazione». Fondamentale per questo sarà «continuare a dare sostegno a chi è in difficoltà nel contesto di un quadro di ammortizzatori più organico».

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