Spesso poco tenero con l'Italia in passato, il Fondo monetario internazionale vede ora invece nel nostro Paese i segnali di una robusta ripresa post-Covid. In base all'aggiornamento del World Economic Outlook, quest'anno la crescita del Pil sarà pari al 5,8%, con un deciso ritocco verso l'alto rispetto alla previsione di tre mesi fa (4,9% ) che consente di scavalcare la media nell'eurozona (+5%), pur essendo ancora leggermente inferiore al 6% indicato dal governo Draghi nella Nadef. Perfettamente allineata con Palazzo Chigi è la stima di un incremento del 4,2% l'anno prossimo.
Per quanto possa valere, l'organizzazione di Washington mette in conto una crescita tra cinque anni dell'1%, contro l'1,6% per l'economia mondiale. Un lustro che dovrà servire non solo a consolidare gli sforzi fatti per uscire dalla pandemia, ma anche per migliorare la situazione del mercato del lavoro (il Fondo colloca la disoccupazione al 10,3% nel 2021 e all'11,6% nel 2022) e per mettere in sicurezza i conti pubblici, soprattutto in caso di ripristino del Patto di stabilità nel suo format originale.
L'Fmi constata che le misure di contrasto messe in atto per salvare l'economia hanno avuto forti ripercussioni sul debito, destinato a salire a fine anno al 154,8%, per poi scendere al 150,4% nel 2022. L'ascesa dell'inflazione, a causa dei forti rincari delle materie prime, è una fonte di preoccupazione globale anche se il Fondo non vede grandi allarmi in Italia, dove i prezzi al consumo dovrebbero aumentare quest'anno dell'1,7% e dell'1,8% il prossimo. Le stime potrebbero però peggiorare se il surriscaldamento fosse persistente e non venissero risolti i problemi alle catene di approvvigionamento. L'invito rivolto alle banche centrali è quindi fornire «indicazioni chiare sulle future scelte, per evitare una volatilità non necessaria nei mercati e un inasprimento ingiustificato delle condizioni finanziarie». Il rapporto segnala, che sono i Paesi a basso reddito ad aver sofferto di più il rincaro dei generi alimentari, col rischio di disordini sociali. E una ancora più netta divaricazione fra le nazioni più sviluppate e quelle emergenti è stata creata dai vaccini.
Mentre oltre il 60% della popolazione nelle economie avanzate è completamente vaccinato e alcuni stanno ora ricevendo la dose di richiamo - afferma l'Fmi - , circa il 96% della popolazione nei Paesi a basso reddito resta non vaccinata».
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