L’inchiesta della procura di Firenze sulla Fondazione Open non solo ha travolto politicamente Matteo Renzi, ma ha riaperto il dibattito sul finanziamento pubblico ai partiti.
Il contesto politico
Luigi Di Maio ha colto la palla al balzo per uscire dall’angolo nel quale era finito dopo che gli iscritti al M5S sulla piattaforma Rousseau avevano bocciato la sua idea di non partecipare alle Regionali in Emilia-Romagna e Calabria ed è passato al contrattacco. "Dobbiamo fare chiarezza con una commissione d'inchiesta sui fondi ai partiti, incluse fondazioni, associazioni e altro. Nessuno di noi si deve sottrarre", ha detto il capo politico del M5S che poi ha aggiunto:"Dobbiamo far sapere ai cittadini da chi i partiti hanno preso i soldi in questi anni. Faremo in modo che il Parlamento ne discuta il prima possibile”. L’ex parlamentare ed ex tesoriere dei Ds, Ugo Sposetti, da sempre contrario al taglio del finanziamento pubblico ai partiti, in un’intervista a Repubblica, ha ammonito: “Il Pd chieda al suo ex segretario Renzi spiegazioni sulla Fondazione Open. Io mi auguro che non ci sia nulla di irregolare, ma ormai il danno è fatto. Chi ha voluto la cancellazione del contributo elettorale è vittima di quella scelta sciagurata. La politica si vendica sempre”. Matteo Renzi, dal canto suo, ha inizialmente attaccato i magistrati parlando di 'vulnus alla vita democratica' e poi ha annunciato che intende denunciare e querelare chi lo ha diffamato, precisando inoltre di aver comprato la sua villa con soldi propri e non con una donazione che sarebbe stata fatta alla fondazione Open. “Quando ho avuto un prestito, l’ho fatto con una scrittura privata e l’ho onorato restituendolo in cinque mesi. Guadagno molto bene, non ho niente da nascondere. Ma non vi sembra curioso che uno possa ricevere “avvertimenti” di questo genere?", ha scritto il leader di Italia Viva su Facebook.
Le indagini di Openpolis
La vicenda giudiziaria che riguarda la fondazione Open si arricchisce di ora in ora di nuovi particolari sui quali evitiamo di addentrarci, perciò è più opportuno volgere la nostra attenzione sulla normativa generale che regola i finanziamenti alle fondazioni piuttosto che al caso particolare. Uno studio di Openpolis, risalente all’estate del 2018, prende in esame le 121 “strutture tra think tank, fondazioni e associazioni politiche” censite nell’arco dei tre anni precedenti. Di queste 20 sono inattive e lo statuto costitutivo è disponibile online solo nel 45% delle 101 strutture attive, mentre solo il 18,8% pubblica i propri bilanci e appena il 6,9% rende noto l’elenco degli associato e il 3% dei finanziatori/donatori privati. Si tratta di enti che “avendo meno obblighi di trasparenza rispetto ai partiti, le informazioni disponibili su queste strutture non sono molte”.
Un'indagine più recente condotta sempre da Openpolis evidenzia l’inefficacia delle misure messe in campo dai governi Conte. Con lo spazza-corrotti e la modifica del decreto Crescita, fondazioni, think-thank e comitati politici sono stati equiparati ai partiti politici e, quindi, sono stati soggetti ai loro stessi doveri di trasparenza. Il compito di vigilare su questi enti è ricaduto sulla commissione di garanzia sui bilanci dei partiti, composta da appena cinque magistrati che devono verificare la trasparenza e la correttezza del bilancio, delle donazioni, dello statuto e degli organi direttivi.
I politici che la commissione dovrebbe monitorare sono, infatti, 53904 e “di fronte a questi numeri gli allarmi lanciati dalla commissione di garanzia sul non avere i mezzi per svolgere il proprio mandato sembrano legittimi”, fa notare ancora Openpolis. Secondo la legge, infatti, gli enti politici in questione sono tenuti ad avere degli organi direttivi composti per 1/3 da persone che hanno avuto incarichi politici negli ultimi 6 anni a Bruxelles, in Parlamento, nel governo oppure nelle Regioni e nei comuni con più di 15.000 abitanti. In totale 53904, appunto. Di questi 20.483 sono politici in carica, mentre 33.421 hanno avuto ruoli politici negli ultimi 6 anni. Un’enormità che rende necessario modificare i criteri di vigilanza. “La normativa per com’è ora serve infatti solo ad anestetizzare il problema: una legge scritta male ed un organo di controllo che non ha i mezzi per vigilare”, denuncia Openpolis secondo cui, per migliorare, basterebbe escludere i politici locali che rappresentano il 90,82% del totale dei membri degli organi direttivi.
Il fallimento dei provvedimenti del governo Conte
“È ingenuo mettere sullo stesso piano organizzazioni strutturate come Italianieuropei o Aspen, con realtà associative locali coinvolte dalla normativa solamente perché 1/3 degli organi apicali è composto da politici con incarichi comunali”, sentenzia di nuovo Openpolis. Il mix tra la carenza di strumenti dell’organo di controllo e la vastità di enti che ricadono sotto la definizione di fondazioni e associazioni politiche ha generato un sistema difficile da ‘attenzionare’. Difficoltà che la commissione registrava già a maggio del 2018 nella sua relazione annuale, preceduta solo dagli ammonimenti fatti dall’allora presidente dell’Anticorruzione, Raffaele Cantone, nell’ottobre dello stesso anno.
“Il tentativo del governo Conte di intervenire sulla materia delle fondazioni e associazioni politiche è certamente lodevole, ma nonostante questo comunque discutibile. Appare una soluzione frettolosa e poco lungimirante”, sottolinea Openpolis che vede nel decreto Crescita il tentativo di“rimediare alle norme troppo vaghe inserite”.
Un tentativo che “ha avuto risvolti positivi limitati” in quanto “il problema della Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici è stato infatti ignorato”. Allora sorge spontanea una domanda che rivolgiamo a Di Maio: perché creare una nuova commissione sulle fondazioni quando ce n’è già una e basterebbe potenziare quella per affrontare il problema?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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