L'acquisizione da parte di Gedi del 30 per cento di Stardust, un grande serbatoio di talenti digitali, non è solo una questione economica e finanziaria. E non è neppure solo una mossa editoriale.
Quello degli influencer è un tesoretto che vale milioni di visualizzazioni, per l'esattezza i 500 creatori di Stardust producono 1.200 contenuti originali al giorno, raccogliendo più di 150 milioni di visualizzazioni. Una platea enorme che fa impallidire quella della tradizionalissima televisione. Ed è proprio questo il punto. I social media e, di conseguenza, gli influencer hanno una potenza comunicativa enorme e sempre più spesso ingaggiano battaglie politiche e sociali. E, da questo punto di vista, l'Italia è all'avanguardia. Un laboratorio, nel bene e nel male.
Capite bene che, in un Paese dove un movimento politico fondato sul web da un comico ha vinto le elezioni ed espresso un presidente del Consiglio, l'ipotesi che - giusto per fare due nomi - Chiara Ferragni e il di lei consorte decidano di capitalizzare politicamente il loro patrimonio di popolarità, non è del tutto improbabile. D'altronde a loro modo - pensiamo alle battaglie per la comunità Lgbt e per i diritti civili - stanno già facendo politica.
Facciamo qualche numero, giusto per dare le proporzioni del fenomeno, la sopraccitata regina delle influencer di moda (ma non solo) su Instagram ha un seguito di 27,4 milioni di persone. Giuseppe Conte, ex presidente del Consiglio, ne ha 1,8 milioni. Matteo Salvini 2,2 milioni. Giorgia Meloni si ferma a 985mila. In confronto sono briciole anche perché, per evidenti motivi, quello della Ferragni è un pubblico internazionale. Uscendo fuori dai confini italiani: Emmanuel Macron raccoglie 3 milioni di seguaci e Boris Johnson lambisce i due milioni. Un ultimo esempio: Papa Francesco ha 8,9 milioni di seguaci, Khaby Lame 78,5.
È ovvio: i follower non sono voti ed è sbagliato confondere i due piani. Ma in un Paese dove i politici vogliono fare le star del web e dove i divi dei social fanno un attivismo sempre più politicizzato, quella del «partito degli influencer» è un'ipotesi tutt'altro che improbabile.
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