Le forze speciali inglesi addestrano gli ucraini. Zelensky vuole più armi

Il leader: "Ci servono ora, non tra un mese". Esercitazioni per l'uso degli anticarro Nlaw

Le forze speciali inglesi addestrano gli ucraini. Zelensky vuole più armi

L'Ucraina ha bisogno di armi e di munizioni. Presto. Subito. L'efficacia della resistenza all'osceno assalto russo passa per le forniture e l'addestramento da parte degli occidentali. Ieri Volodymyr Zelensky, lo ha detto chiaramente nel suo ultimi videodiscorso: «Più armi avremo e prima tornerà la pace. Se qualcuno dice: Un anno o anni, io rispondo: Puoi rendere la guerra molto più breve. Più e prima avremo tutte le armi che abbiamo richiesto, più forte sarà la nostra posizione e prima arriverà la pace. Quanto più e quanto prima avremo il sostegno finanziario che abbiamo richiesto, tanto prima ci sarà la pace. Prima il mondo democratico riconoscerà che l'embargo petrolifero contro la Russia e il blocco completo del suo settore bancario sono passi necessari verso la pace, prima la guerra finirà. L'obiettivo principale è accelerare il ritorno alla pace». E anche il consigliere presidenziale Mikhailo Podolyak si lamenta su Twitter: «Gli ucraini chiedono all'Europa armi, vengono date ma non quelle richieste e ci mettono troppo tempo per arrivare. La democrazia non vincerà giocando così, abbiamo bisogno di armi non in un mese ma ora».

L'Occidente in realtà fa quello che può e non è poco. Il Times ha rivelato ieri che da due settimane membri delle forze speciali britanniche addestrano truppe ucraine a Kiev all'uso dei Nlaw, i missili anticarro forniti da Londra. Il quotidiano inglese riporta la testimonianza del capitano Yuriy Myronenko, il cui battaglione si trova a Obolon, a nord di Kiev, e di altri ufficiali ucraini che confermano la circostanza, anche se da Londra il ministero della Difesa di Londra non conferma né smentisce. Il Regno Unito aveva ritirato, prima dell'invasione dell'Ucraina, i militari inviati dopo l'invasione della Crimea per evitare un conflitto diretto con le forze russe e quindi il coinvolgimento della Nato nel conflitto.

La risposta di Mosca non si è fatta attendere: il Cremlino ha annunciato il divieto di ingresso in Russia per il primo ministro Boris Johnson e altri dodici esponenti del suo governo, tra i quali il vicepremier e ministro della Giustizia Dominic Raab, i ministri degli Esteri e della Difesa, Elizabeth Truss e Ben Wallace e l'ex premier Theresa May. «Questo passo - fa sapere il ministero degli Esteri russo - è stato compiuto in risposta alla sfrenata campagna informativa e politica di Londra volta a isolare la Russia a livello internazionale e a creare condizioni per strangolare la nostra economia».

Anche gli Stati Uniti si muovono per armare le forze di Kiev. Di recente Washington ha dato il via libera al pacchetto di aiuti di militari da 800 milioni di dollari a favore del Paese aggredito, ma il Pentagono pensa già che non sia abbastanza. In particolare che le oltre 40mila munizioni inviate non siano sufficienti per gli intensi combattimenti previsti nei prossimi giorni in quell'ultimo assalto della Russia in Donbass che appare imminente. Il segretario alla Difesa americana Lloyd Austin e il capo dello stato maggiore congiunto, generale Mark Milley, stanno facendo pressioni sui Paesi vicini dell'Ucraina perché inviino al più presto armi e munizioni.

La Russia ovviamente percepisce gli aiuti militari all'Ucraina come un atto di ostilità diretto e non manca di minacciare ripetutamente i Paesi fornitori di pesanti ritorsioni. Ieri sulla materia è però intervenuto il ministro della Giustizia tedesco Marco Buschmann, che al Welt am Sonntag ha precisato che sottolineando che il diritto internazionale non classifica la consegna di armi come un'entrata in guerra.

«Quindi, se l'Ucraina esercita il suo legittimo diritto all'autodifesa, sostenerla fornendole armi non significa diventare parte in guerra», ha detto il ministro aggiungendo che questa non è solo la sua opinione personale, ma quella del governo tedesco.

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