Front National sulla graticola. Un tesoro tra i Caraibi e l'Asia

Nel mirino il «cerchio magico» di Marine Le Pen e del padre Jean-Marie. Lingotti e monete d'oro all'estero. Legami anche con l'Italia. E Hollande si frega le mani

Front National sulla graticola. Un tesoro tra i Caraibi e l'Asia

I protagonisti dello scandalo gettano acqua sul fuoco, dissimulano, negano come il premier britannico Cameron («Io non ho conti offshore» e infatti i conti erano del padre) o contrattaccano, ipotizzando il complotto come fa la Russia di Putin. C'è invece un leader che più di tutti, in questo momento, si sta fregando le mani per i Panama Papers, le carte sui paradisi fiscali utilizzati da leader politici e vip di mezzo mondo. È il capo dell'Eliseo François Hollande. «Se posso dirlo, venire a conoscenza di queste rivelazioni è una buona notizia perché ci porterà nuove entrate fiscali da parte di chi ha frodato». Hollande ha chiesto e subito ottenuto l'apertura di un'inchiesta preliminare per «riciclaggio aggravato ed evasione fiscale» da parte della Procura Nazionale francese per i Reati Finanziari. E gioisce per due buone ragioni. Può tornare a svolgere il ruolo del «buono» che si era ritagliato in campagna elettorale contro la finanza «cattva»: «Il mio vero nemico non ha nome, né volto né partito. Ma governa. Quest'avversario è il mondo della finanza», diceva nel 2012. E ora il presidente ha un altro ottimo motivo di soddisfazione per i Panama Leaks: nell'occhio del ciclone è finito il nemico numero uno dell'establishment parigino, il Front National di Marine Le Pen. Lo scandalo è arrivato alle porte del partito di estrema destra e l'inchiesta del Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (Icij) mostra come alcuni stretti collaboratori della leader Marine e del padre e fondatore del partito Jean-Marie Le Pen abbiano messo in piedi sofisticati sistemi per aggirare il fisco puntando su paradisi offshore nei Caraibi o in Asia, da Hong Kong a Singapore. Nel mirino finisce il cerchio magico dei Le Pen, tra cui figura l'uomo d'affari e amico di Università di Marine, Frédéric Chatillon, che da anni vive tra Parigi e Roma, dove non a caso la sua società Riwal ha una delle sedi, e dove Chatillon ha contribuito a stabilire collegamenti tra il FN e il movimento neofascista di Casa Pound. Poi c'è l'esperto contabile Nicolas Crochet, che aiutò Marine a stilare il programma del 2012 e non a caso è coinvolto con Chatillon nell'inchiesta ai danni del Front sul finanziamento illecito delle elezioni presidenziali e parlamentari di quattro anni fa. Entrambi insistono sull'assoluta legalità delle operazioni svolte. Mentre a difendere Gérald Gerin, il segretario personale di papà Jean-Marie che avrebbe fatto da prestanome per nascondere un tesoro di banconote, lingotti e monete d'oro, arriva proprio il «vecchio leone» via Twitter, che parla di «un'operazione fumogena per nascondere le pipì fiscali dei ministri socialisti Cahuzac et Thevenoud», entrambi coinvolti nello scandalo ma non più al governo. Il Fn si difende ma è facile capire perché i socialisti si freghino le mani, stigmatizzando l'ipocrisia della leader Marine che in questi anni non ha perso occasione di attaccare «il potere di disturbo della finanza mondializzata contro l'interesse generale». Eppure lo scandalo sta svelando più di un'ipocrisia. E il governo non ne è esente. Curioso che il ministro delle Finanze Michel Sapin decida solo adesso di re-inserire Panama nell'elenco degli «Stati e territori non cooperativi in materia fiscale». E che dire di Hollande? Il capo dell'Eliseo si è spinto a ringraziare gli «informatori», che «corrono rischi e devono essere protetti».

Peccato che su Twitter arrivi Edward Snowden a smontarlo. «Vraiment?», si chiede la gola profonda che ha svelato i programmi di spionaggio della Nsa americana. Davvero - dice Snowden - a parlare è il presidente che nel 2013 gli negò l'asilo politico?

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