La lotta più dura quella per Israele

La lotta più dura quella per Israele

Morire, non sembrava che fosse nei suoi programmi quando sono andata a trovarlo due o tre settimane fa; ci sono anni luce fra il momento del silenzio e l'affettuosità dell'incontro, le esclamazioni, le chiacchere pannelliane a spirale, i rimproveri («non sarà l'ora che ti iscrivi?»), una curiosa evidente gioia di vivere, i commenti sulla trasmissione sul Mediorente che facciamo da anni a Radio radicale Massimo Bordin e io. Ci sono spazi chilometrici fra l'intelligente cura continua di Matteo e degli altri suoi migliori amici attenti a ogni cenno e a ogni bisogno e l'impossibilità di essergli utile in alcun modo. Doveva essere molto distratto Marco Pannella in quel momento per lasciarsi strappare alla frenesia dei suoi giorni... Con me ha parlato soprattutto di Israele un intendimento largo e profondo su qualcosa che gli altri, no, non possono capire quanto sia importante... e com'è possibile, diceva, che nonostante io abbia spiegato tutto non mi abbiano ascoltato? Marco vagava con la memoria fino a una piazza di Roma dove aveva ripetuto che Israele doveva essere membro dell'Unione Europea... Ma non era ovvio? Questo sarebbe stato il migliore muro di difesa, Marco si doleva, non sono stato capito. Toccava così il cuore di una questione, quella della legittimazione, che poi si è trasformata in ondata di antisemitismo israelofobico proprio in Europa, e diceva da anni: o si va a una legittimazione condivisa di Israele o ne patiremo tutti, perché Israele era per lui un imperativo morale non meno importante di tante altre sue lotte. A Gerusalemme, durante la Seconda Intifada, tutto esplodeva, caffè, autobus, e il mondo restava indifferente, non condannava, non simpatizzava. Un giorno Marco venne a casa mia dopo che avevamo visitato insieme una fermata di autobus molto prossima, ancora sporca di sangue, giù per la discesa di Gilo. L'autobus esploso trasportava fra gli altri molti ragazzini che andavano a scuola, i genitori si precipitarono a piedi giù per la discesa dopo che lo scoppio rintronò su per le colline.

Pannella era in uno dei suoi digiuni, ulteriormente emozionato e sfinito, contro un nemico che si esplode su un autobus solo perché i passeggeri sono ebrei e contro l'incomprensione del mondo. Lui capiva, invece. Addirittura, per riprendersi, mandò giù due cucchiaini di un'insalata di grani e bevve il caffè. Mi sentii così onorata da quel minuscolo pasto di dolore per Israele a casa mia.

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