Fuori 15 boss per un cavillo tecnico

Annullato il processo ai capi di Brancaccio. Il Gup era "incompatibile"

Fuori 15 boss per un cavillo tecnico

Uno, due tre liberi tutti! Un eccesso di garanzia (l'ennesimo) mette a piede libero 15 tra boss, gregari e prestanome del mandamento mafioso di Brancaccio, a Palermo, autori di reati gravi, tanto che in primo grado erano stati condannati a pene severe. Ora sono a spasso perché il giudice delle udienze preliminari è stato giudicato incompatibile. Insomma, quanto fatto finora è stato mandato a monte.

Il procedimento era scaturito da una complessa attività investigativa sfociata in un blitz che vide impegnati nel 2017 gli uomini della Squadra mobile e del Gico della Guardia di finanza di Palermo che riuscirono ad azzerare il mandamento mafioso di Brancaccio, smantellandolo dai vertici fino ad arrivare ai gregari e ai prestanome, accertandone le malefatte. Le pesanti condanne in primo grado giungevano, dunque, a suggello degli sforzi profusi dalle forze dell'ordine coinvolte nell'operazione, ma adesso la Corte d'appello di Palermo, presieduta da Mario Fontana, ha dichiarato la nullità del decreto che ha disposto il giudizio, recependo così il pronunciamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Questa, in accoglimento della tesi degli avvocati di alcuni imputati riguardo all'incompatibilità del gup, ha annullato il processo di primo grado.

Secondo questa tesi, il gup è incompatibile in quanto in precedenza aveva firmato delle proroghe di intercettazioni in qualità di gip. Questo vuole dire, in poche parole, che il magistrato aveva in qualche modo già espresso un giudizio sulla fondatezza dell'ipotesi accusatoria, motivo per cui erano già state sollevate delle eccezioni da parte dei difensori dei boss, ma il processo era stato celebrato ugualmente. Adesso il cambio di rotta: il gup è incompatibile. Si dovrà ricominciare con una nuova udienza preliminare presieduta da un altro gup. Nel frattempo i 15 scarcerati si godono la libertà con il solo obbligo di firma.

E dire che si tratta di boss e affiliati al mandamento di Brancaccio del calibro di Giuseppe Caserta, che era stato condannato in primo grado a 18 anni, Giovanni Lucchese a 17 anni come Claudio D'Amore, Vincenzo Vella a 20 anni in continuazione con le precedenti condanne, e Cosimo Geloso a 16 anni.

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