Oggi è il giorno del «redde rationem» per Carlo Fuortes (foto). Secondo i patti stabiliti con il governo, avrebbe dovuto lasciare il posto di amministratore delegato della Rai dopo l'approvazione del bilancio (peraltro in pareggio), all'ordine del giorno del cda di stamattina. Ma pare - e il condizionale è d'obbligo perché le trattative andranno avanti fino all'ultimo momento - il manager non abbia intenzione di mantenere le promesse. O, comunque, di farlo in tempi brevi. Il governo vorrebbe che l'azienda fosse guidata da un management che garantisse una visione più pluralista delle diverse anime del paese, soprattutto quella leghista, forzista e di destra. Mentre Fuortes, ricordiamo, è stato scelto dal governo Draghi su suggerimento dell'anima di sinistra. I prossimi dirigenti in pectore sono Roberto Sergio, attuale direttore Radio Rai, come ad e Giampaolo Rossi come direttore generale.
Il nodo della questione sta tutto nel futuro dell'ad attuale che non ha intenzione di lasciare la poltrona di viale Mazzini (non può essere licenziato, se non mandando a casa tutto il cda) prima che gliene sia trovata un'altra di altrettanto prestigio. In cima alla lista dei suoi desiderata c'era la sovrintendenza del teatro alla Scala, ma il sindaco di Milano Beppe Sala si è messo di traverso con tutte le sue forze. Allora si è virato sullo stesso incarico al teatro San Carlo di Napoli, ma anche lì il sovrintendente Lissner, che ha un contratto di altri due anni, sta facendo resistenza. Non è servita neppure l'idea di fare un decreto ad hoc (che consente di mandare via dai teatri chi ha compiuto 70 anni), a liberare l'incarico, almeno per ora.
Il fatto è che la situazione sta creando una situazione di stallo molto più complicata di quelle - già difficili - che si sono viste in tanti anni in Rai. Fuortes, chiuso nel suo fortino, si occupa dell'ordinaria amministrazione, lasciando da parte i piani progettuali che può portare avanti solo chi ha un mandato pieno e può governare fino a fine mandato (estate 2024). Gli attuali dirigenti non si mettono a progettare sapendo di doversene andare o comunque cambiare ruolo e quelli dati in arrivo attendono le consegne, se mai arriveranno. Di mezzo ci sono in primo luogo i palinsesti da predisporre per la prossima stagione televisiva: vanno scritti entro poche settimane e presentati a fine giugno agli inserzionisti pubblicitari. E, quindi, se entro settimana prossima non saranno designati i nuovi direttori, se ne dovranno occupare malvolentieri gli attuali. Poi, sul tavolo ci sono da approvare anche il piano industriale che include il piano immobiliare con la riqualificazione degli edifici della tv di Stato e anche il trasferimento degli studi televisivi milanese al Portello, cui i lombardi tengono moltissimo. Inoltre pendono sulla testa di viale Mazzini lo sciopero dei dipendenti del 26 maggio, la questione del canone in bolletta e i procedimenti dell'Agcom per la questione della pubblicità occulta del Festival di Sanremo (soprattutto gli sketch su Instagram tra la Ferragni e Amadeus). Armi che - quando arriveranno al dunque - potrebbero essere usate per convincere Fuortes a scendere da cavallo anche senza contropartita. Perché la resistenza del manager potrebbe irritare la presidente del Consiglio Meloni a tal punto da lasciarlo senza incarico alcuno.
Ma c'è anche chi immagina che l'ad abbia dato così ampia rassicurazione della svolta a destra (soprattutto alla Lega) da convincere all'ultimo il governo a lasciarlo al suo posto ancora un altro annetto. Ma lo scontento e la preoccupazione in Rai sono così alte che questa strada pare difficile.
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