nostro inviato a Rio de Janeiro
Il G20 che si apre oggi in Brasile è il primo vertice internazionale dopo le elezioni americane dello scorso 5 novembre. E pur mancando oltre due mesi all'inauguration day che sancirà formalmente l'inizio del secondo mandato alla Casa Bianca di Donald Trump, è del tutto evidente che la sua presenza aleggia sul summit di Rio de Janeiro. Troppo forte il cambio di paradigma che la nuova amministrazione americana imporrà agli attuali equilibri geopolitici, a partire dai due delicatissimi fronti di Ucraina e Medioriente. Incidendo, inevitabilmente, anche sui rapporti di forza tra Paesi, dentro e fuori l'Europa. Così, non è affatto casuale che gli sherpa dei Venti grandi della terra riuniti in Brasile siano alle prese da giorni con un complicato via libera alle dichiarazioni finali del summit. Non solo sui passaggi inevitabilmente più critici come il conflitto tra Mosca e Kiev e la crisi mediorientale, ma anche sugli altri dossier all'ordine del giorno del vertice di Rio, a partire dai macro temi della lotta alla fame e alla povertà. E a puntare i piedi, racconta il Financial Times, è soprattutto l'Argentina di Javier Milei, con obiezioni sulla tassazione contro i cosiddetti «super ricchi» e la parità di genere. A Rio gli Stati Uniti sono ovviamente rappresentati dall'uscente Joe Biden, ma l'impressione è che Milei sia arrivato a minacciare il veto sul comunicato finale facendosi forte proprio dell'imminente passaggio di consegne alla Casa Bianca. D'altra parte, è nelle cose che i leader mondiali più affini al tycoon si sentano ora più legittimati e più pesanti politicamente. Nonostante gli sherpa stiano continuando a negoziare, però, la diplomazia italiana non è così pessimista sull'esito finale. Anche perché, fanno presente, «il G20 ha una membership variegata e con interessi diversi» e la dichiarazione finale «è sempre un esercizio complicato di bilanciamenti».
A Palazzo Chigi, insomma, guardano al bicchiere mezzo pieno, ottimisti sul fatto che alla fine il braccio di ferro politico tra Milei e il presidente di turno del G20 Luiz Inácio Lula da Silva troverà un suo punto di caduta. Proprio ieri, peraltro, Meloni ha avuto un bilaterale con il leader brasiliano. Un faccia a faccia nel quale si è parlato delle priorità della presidenza del G20 (fame e povertà su tutte), sottolineando l'importanza dell'interlocuzione tra G7 e G20. Meloni, fanno notare fonti diplomatiche italiane, «ha molto insistito sull'impostare il summit di Borgo Egnazia come un forum di Paesi che non sono arroccati in una fortezza ma aperti al dialogo». E lo stesso ha fatto Lula.
Durante il bilaterale si è parlato anche dei rapporti economici tra i due Paesi. Meloni, riferisce la diplomazia brasiliana, ha ricordato che in Brasile ci sono 800mila cittadini italiani e 30 milioni di discendenti italiani. Di qui, la volontà di concludere un nuovo Piano d'azione del partenariato strategico Italia-Brasile per il quinquennio 2025-2030. I due leader hanno parlato anche degli interessi italiani nel settore dell'energia e della difesa. E non è affatto escluso che si sia discusso anche della proposta di acquisto da parte della Força Aérea Brasileira e della Força Aeronaval della Marinha do Brasil di una trentina di caccia M-346 prodotti da Leonardo.
Nell'agenda di Meloni (che ieri ha visitato Rio in compagnia della figlia, con una tappa anche al celebre Cristo Redentore) anche bilaterali con l'indiano Narendra Modi e il canadese Justin Trudeau.
E poi gli incontri non nel formato bilaterale, visto che a Rio - dove sono presenti la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, lo spagnolo Pedro Sánchez e il francese Emmanuel Macron - difficilmente non si parlerà delle nomine Ue.
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