Utero in affitto, ecco chi ora rischia

Da oggi è reato la gestazione per altri. E non varrà più la scappatoia all'estero

Utero in affitto, ecco chi ora rischia
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Da tre mesi a due anni di carcere, da 600mila a un milione di euro di pena pecuniaria, con il rischio della pena accessoria di perdita della responsabilità genitoriale. Ecco cosa rischia chi, tra le circa 15mila coppie di italiani omo ed eterosessuali che ogni anno vanno all'estero, ufficialmente per procedere con la fecondazione assistita, finisce per comprare un neonato, anche in un Paese dove la gestazione per altri è legale come Croazia, Danimarca e Lettonia o consentita senza compenso come Regno Unito, Canada, Olanda o Ungheria. Anche la sinistra voleva introdurre in Italia la «gestazione per altri solidale e altruistica» ma la norma si è arenata definitivamente.

È improprio parlare di «reato universale», la maternità surrogata è punibile ai sensi dell'articolo 7 comma 5 del Codice penale come «ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge (...) stabiliscono l'applicabilità della legge penale italiana». L'effetto è duplice, come deterrente per scongiurare questa orrenda pratica ma anche come esempio di scuola per altri Paesi (sono più di trenta) che intendono combattere l'utero in affitto.

Per l'esecutivo la maternità surrogata è una pratica inumana, una forma di schiavitù moderna, perché consente a pochi «ricchi» (ogni gestazione per altri costa dai 10mila ai 40mila euro) di sfruttare il corpo di donne giovanissime, prevalentemente in Usa, Australia ma anche Ucraina, Georgia o India, donne disagiate oppure con problemi economici.

Quando scatta il reato? Vale l'irretroattività del diritto penale ma la battaglia legale si annuncia complessa. In teoria anche prima del prelievo di gameti, basta la firma del contratto con le agenzie internazionali e clausole più o meno tassative che gestiscono un business da 5 miliardi di euro l'anno, con le madri surrogate, che hanno l'obbligo di consegnare il bambino appena nato, direttamente staccato dalla mamma al momento del parto senza averne più contatti, e una serie di limitazioni alla propria attività personale: non possono viaggiare, non possono avere rapporti sessuali, devono subire trattamenti ormonali e adottare particolari stili di vita, non possono abortire se vogliono, devono se al contrario la diagnosi prenatale dimostra che il bambino potrebbe avere dei problemi.

Nel mondo ci sarebbero oltre 10 milioni di bambini nati con la maternità surrogata, già reato con la vecchia legge 40 sulla fecondazione assistita, demolita in gran parte dalla giurisprudenza creativa, come «chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità», solo che era largamente disapplicata.

A rischiare l'incriminazione, con possibile perdita della responsabilità genitoriale ex articolo 567 per alterazione di stato di famiglia, sono anche i genitori che pensano di eludere il divieto di surrogazione andando in un Paese dove è legale. Se è plausibile che la mancata trascrizione di due mamme e due papà crea un vuoto di tutela per i figli delle famiglie arcobaleno, è altrettanto vero che l'escamotage della stepchild adoption sdoganato dalla Cassazione nel 2019 perché riconosce il legame giuridico «a entrambi i componenti della coppia», aggirando le implicazioni legali e psicologiche, anche se esiste una scuola di pensiero giuridica - propugnata da Giuliano Amato - che chiede «parità di diritti vista l'evoluzione scientifica e tecnologica nell'ambito della filiazione».

La norma entra di fatto in vigore oggi e sarà presto chiamata a superare il vaglio di ragionevolezza in un probabile giudizio di legittimità costituzionale. La sinistra come sempre spera nell'aiutino delle toghe più ideologizzate per smontare la legge. Associazioni Lgbtq+ e oltre 50 coppie sarebbero pronte a dare battaglia per vie legali, sebbene con la sentenza 38162/2022 del 30 dicembre la Cassazione a Sezioni Unite ha già stabilito che la maternità surrogata anche laddove avvenga in forma gratuita (quasi mai, ndr) - «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane», il neonato non può essere riconosciuto in Italia come figlio della coppia ma soltanto del genitore biologico.

Ma secondo il presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia, alla luce della giurisprudenza corrente che ha via via sgretolato quel che restava del diritto familiare, «se il legislatore sceglie di criminalizzare la coppia che si è recata all'estero, si avranno conseguenze negative sull'intero contesto familiare e sul minore». Insomma, ci sono gli elementi per immaginare che sul corpo delle donne più fragili e su quello dei bambini vittime di questo mercato si combatta l'ennesima battaglia tra magistratura e governo.

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