Ma perché Mario Mantovani è rimasto in carcere con l'accusa di corruzione e i tre attivisti arrestati a Bologna per avere aggredito e ferito a colpi di bastone gli agenti in servizio al comizio dei leader del centrodestra sono stati immediatamente scarcerati? L'Associazione nazionale magistrati, di fronte alle critiche per l'immediata liberazione dei tre violenti lanciate sia da Matteo Salvini che da Angelino Alfano, ha giustificato l'operato dei giudici bolognesi sostenendo che la «magistratura deve applicare la legge». Ma questa affermazione è vera solo in parte. Perché la magistratura applica la legge sempre e comunque sulla base della interpretazione che viene data alla legge stessa dalla cultura dominante del momento.
Se fossimo negli anni Cinquanta del secolo scorso i tre attivisti bolognesi accusati di lesioni e di resistenza al pubblico ufficiale starebbero ancora dietro le sbarre.
Ma siamo nel 2015 e la priorità della tenuta dell'ordine pubblico, che era dominante all'inizio del secondo dopoguerra, si è trasformata in un'esigenza del tutto marginale.
Non perché non esista un problema di ordine pubblico visto che i centri sociali e i gruppi antagonisti hanno scelto di trasformare ogni comizio della Lega in una occasione di esercitazione di guerriglia urbana. Ma perché nella cultura dominante della classe dirigente e di ampi settori della magistratura l'aggressione a chi fa parte del centrodestra è una sorta di peccato veniale (il retaggio dello slogan degli anni '70 «uccidere un fascista non è reato» non è stato ancora superato) e la violenza di tipo «proletario» va distinta da quella di tipo borghese. Per cui il pensionato che spara al ladro viene comunque perseguito almeno per eccesso di legittima difesa mentre il picchiatore del centro sociale che ferisce un agente viene fermato e rilasciato.
E, soprattutto, perché a dispetto di ogni logica e regola, ai reati di violenza, tranne che non siano di stampo mafioso, viene attribuita una pericolosità sociale inferiore ai reati dei «colletti bianchi» contro la Pubblica amministrazione o contro il patrimonio. La presunzione di corruzione, in sostanza, è più grave dell'aggressione riconosciuta agli agenti.
E il pericolo di fuga, di reiterazione del reato e di inquinamento delle prove, elementi che valgono a giustificare la carcerazione preventiva di Mantovani, non valgono per i tre attivisti dei centri sociali che hanno ferito la polizia e tentato di impedire una libera e pacifica
manifestazione politica.Più che la legge, allora, alcuni magistrati applicano le proprie convinzioni. Sicuramente secondo lo spirito del tempo. Uno spirito, però, che non è dello stato di diritto ma di un tempo decisamente passato.
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