Gigio, il fratellone d'Italia riscrive la legge del gol

Donnarumma ribalta l'essenza del calcio: una parata e non un tiro regalano il trionfo europeo

Gigio, il fratellone d'Italia riscrive la legge del gol

È tornato il tempo del portiere di notte. Una volta andava associato ad una Charlotte Rampling niente male. Oggi ce lo rappresentiamo con un gigantone, dove tutto è one, anche in senso inglese: Gigione, le manone, il vocione, il temperamentone che lo lascia tranquillo, al limite dell'indifferenza, anche davanti alla parata che fa storia e, infine, certo, il pallone: l'inesauribile oggetto del suo desiderio. Gigio Donnarumma in una sera ha tramortito tutti i luoghi comuni del calcio: serve più il portiere che para o il goleador in rete? Il goleador, ma non stavolta. Conta più la palla in gol o quella parata? E lui ha risposto a modo suo. Un Europeo vinto sminando rigori, l'ultimo tocco è una parata. Ovvero l'antitesi di tutto quanto si è sempre raccontato sul calcio. Ma lo sport esprime il meglio quando smentisce i luoghi comuni. E la tradizione italiana, Zoff e Buffon che hanno vinto un mondiale, o anche Toldo migliore dell'europeo 2000, ci dice che i numero uno sanno tenere il palco del protagonismo e la porta ben chiusa.

Donnarumma ha rappresentato e recitato la grande rivincita dei portieri, soli più che mai sulla linea bianca. Un po' come gli uomini nel ring: solo due mani per difendersi o per uscirne vincitori. La sua storia è ancora più intima e ripercorre le vicende personali di quest'ultimo anno: marchiato come mercenario perché ha deciso che il futuro sarebbe stato a Parigi e non più a Milano, ha scelto un club ambizioso e che, forse, nell'immediato potrebbe farlo tornare a vincere in Europa. Chissà! Se questo successo nazionale fosse arrivato prima, anche Donnarumma si sarebbe evitato il fastidioso marchio del Dollarumma. Magari avrebbe avuto meno fame di successo. Se, invece, la fame è solo quella del milione in più, nulla mai potrà soddisfarlo. Ciascuno ha diritto di migliorare il suo status, di cambiare azienda se non si trova a suo agio: una squadra ormai è un'azienda, più che un affare di cuore. Probabilmente lo show di 7 partite cambierà anche l'umore tifoso, che accuserà il Milan di incompetenza o incapacità nel tenersi stretto il portiere dal grande futuro davanti agli occhi e non dietro le spalle, come capita a tanti. Tutti dimentichi che il calcio è cambiato, le favole non si raccontano più, i soldi non corrono così facili e gli sceicchi non hanno avversari nel trattare a suon di milioni.

Poi, certo, c'è la maglia azzurra e qui il nostro ha lottato con il cuore, con la freddezza del portiere di classe, con la determinazione. Cuore e batticuore per gli altri. Per Gigio la voglia di dire: ecco qui, io difendo l'Italia. Alla faccia dei fischi indecenti che gli sono arrivati solo perché ha deciso di andare in Francia. Con la maglia della nazionale non c'è fazione, non c'è distinguo di club. Non a caso il presidente della Repubblica, ieri, gli ha dedicato un ringraziamento particolare. Lo aveva detto in diretta: «Siamo nelle manone di Donnarumma». Profetico. E Gigio si è meritato il titolo di miglior giocatore del torneo. Premio in mano, gli occhi si sono fatti lucenti, non lucidi. «Mi rende molto orgoglioso» ha tuonato il vocione tenuto a lungo nascosto. L'albo d'oro espone la buona compagnia: toccò a Sammer e Zidane, Xavi, Iniesta e Griezmann, oltre al greco Zagorakis.

Invece nelle parate che si sono susseguite, in un crescendo a ricordare il Vincerò dell'indimenticato tifoso Pavarotti, c'era tutto il senso di una rivincita: dopo le prime tre partite da spettatore, Donnarumma ha cominciato a dire «Ci penso io» nel supplementare contro l'Austria, poi davanti ai colpi di Lukaku e De Bruyne. Infine lo show del portiere di notte nel tempio: Wembley guarda e lui annichilisce Morata con la Spagna, distrugge l'Inghilterra intera deviando i palloni tremolanti di Jadon Sancho e Bukayo Sacha. Magia e bravura: di tutto un po'. Poi i numeri: 5 volte si è giocato le partite ai rigori e 5 volte Gigio ha vinto. Ragazzo fortunato se, poi, a qualche toppata in campo ha rimediato soddisfacendosi nella vita. Raccontò: «Dopo Sassuolo-Milan, una partita che non andò bene, sono uscito con una ragazza: c'è scappato il bacio».

Bello come un rigore parato. Oggi lei, Alessia, è la fidanzata. E la storia di successo continua: a 16 anni e 8 mesi esordio in serie A, a 22 anni e 5 mesi campione d'Europa. Comunque vada a Parigi, Gigione resterà un fratellone d'Italia.

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