"Gip scelti a seconda della convenienza e arresti per ottenere confessioni, così non si supera Tangentopoli"

L'ex ministro per gli Affari Regionali, Enrico Costa, sottolinea come tutta la politica dovrebbe riunirsi nella battaglia per la custodia cautelare, unica medicina ai problemi della giustizia

"Gip scelti a seconda della convenienza e arresti per ottenere confessioni, così non si supera Tangentopoli"

Arresti per ottenere delle confessioni o Gip scelti a seconda della convenienza. Enrico Costa, ex ministro per gli Affari Regionali, ma anche promotore delle proposte che poi sono diventate leggi sulla presunzione d’innocenza e il diritto all’oblio degli assolti, sottolinea come la vera sfida su cui dovrebbe ritrovarsi tutta la politica è quella sulla custodia cautelare, argomento su cui, a suo parere, non possono esserci divisioni.

Considerando le ultime vicende di cronaca, possiamo dire che Tangentopoli è ancora attuale?

“Abbiamo ancora un meccanismo di rapporto mediatico stretto tra chi conduce l’inchiesta e la stampa. Stiamo parlando di un interesse reciproco da entrambe le parti. Da un lato, infatti, c’è il rafforzamento delle inchieste e il coinvolgimento dell’opinione pubblica, dall’altra la possibilità di avere delle notizie accattivanti da parte di alcuni organi d’informazione”.

Cosa comporta?

“Tutto ciò non c’entra niente con i principi costituzionali di presunzione d’innocenza, con lo svilupparsi della procedura corretta dal punto di vista processuale. Basti pensare ai temi della custodia cautelare, sulla quale mi sembra non sia cambiato davvero nulla”.

A cosa fa riferimento?

“Si fanno arresti solo per ottenere delle confessioni. Il Gip lo si sceglie a seconda della convenienza, così come gli sbagli non vengono menzionati. Non si fa altro che alimentare i giornali con i contenuti delle ordinanze di custodia cautelare. Mi chiedo, quindi, se in trenta anni davvero si siano fatti passi in avanti”.

Come arginare il problema?

“Abbiamo un referendum oggi. Il quesito sulla custodia cautelare, purtroppo, non è scritto nel migliore dei modi. Il politico, però, non deve trovare il pelo nell’uovo nel testo. Essendo il referendum abrogativo, non si può fare molto. La persona che invece vuole dare un contributo, piuttosto, dovrebbe porsi degli interrogativi, come se sia giusto coinvolgere i cittadini su determinati quesiti. Stiamo parlando di argomenti che sono sul tavolo da tanto tempo e che la politica non ha mai cercato di affrontare”.

Anche lei è stato esponente di governo, ritiene di aver dato un contributo per quanto riguarda la giustizia?

“Ho presentato tre proposte che poi sono diventate leggi, come la presunzione d’innocenza, il diritto all’oblio degli assolti e alcune modifiche per quanto riguarda le spese legali di chi è stato assolto”.

Perché ha ritenuto giusto portare avanti tali battaglie?

“Abbiamo fatto queste proposte con lo spirito di portare lo Stato non soltanto ad avere il dovere di indagare, di cercare la verità, ma soprattutto per trattare la persona che viene chiamata a rispondere come un presunto innocente. Lo scopo è quello di restituirla alla società, se innocente, con la stessa fama, immagine, reputazione e anche portafoglio”.

Su queste battaglie ritiene possano esserci distinzioni tra partiti?

“Stiamo parlando di questioni su cui davvero dovrebbero ritrovarsi tutti”.

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