Perché nel furore dell'anticasta a tutti i costi, modo migliore per camuffare i veri truffatori di democrazia, il vero rischio è quel sonno della ragione che porta alla notte hegeliana in cui tutte le vacche sono nere. E nella quale un consigliere comunale da poche centinaia di euro all'anno finisce nello stesso tritacarne d'insulti e accuse di un parlamentare da parecchie migliaia di euro al mese.
Non che la moralità sia una questione di zeri, perché i principi dovrebbero sempre ispirarsi alla legge (dei codici o a quella morale), ma le dovute distinzioni cambiano e di parecchio i giudizi sui comportamenti. Bene ha fatto, allora, la consigliera comunale di Milano Anita Pirovano dopo aver letto che nella faccenda dei 600 euro del bonus Iva potrebbero essere coinvolti in almeno 2mila tra assessori regionali, consiglieri regionali e comunali, governatori e sindaci, si è autodenunciata. «Come tanti mi indigno - perché è surreale - se un parlamentare in carica fruisce di ammortizzatori sociali e penso sia paradossale che una misura di sostegno al reddito non preveda nessuna soglia», la premessa. A cui segue la domanda (retorica): «Perché da lavoratrice (e la politica non è un lavoro per definizione) non avrei dovuto fare richiesta di una misura di sostegno ai lavoratori destinata perché faccio anche politica?». La spiegazione è tutta in quell'«anche». Perché è evidente che i redditi di parlamentari e consiglieri regionali comportano una cospicua indennità, con tanto di contributi previdenziali, che i «comunali» nemmeno si sognano. Tanto che per loro sono previsti solo gettoni di presenza a consigli e commissioni. E se in grandi città come Roma o Milano la cifra è decorosa, altrettanto non si può dire per la stragrande maggioranza dei Comuni. Dove per centri di 20mila abitanti, il compenso non arriva a mille euro. All'anno. Tanto che il consigliere solitamente svolge un altro lavoro e non c'è dunque da stupirsi se in un momento difficile ha chiesto un sostegno come qualsiasi altro comune cittadino. Così come testimonia Jacopo Zannini, anche lui di sinistra, che da Trento autodenuncia la sua richiesta di bonus Inps. «Anche io non vivo di sola politica - dice accodandosi all'appello della Pirovano - pago l'affitto mese e per marzo e aprile sono rimasto senza lavoro e ho chiesto come te i 600 euro visto che con i gettoni di presenza non sarei arrivato a fine mese... Ed è giusto rivendicarlo». Tanto che in loro difesa è arrivato il consigliere milanese di Forza Italia Alessandro De Chirico a condannare «l'antipolitica per cui se ti impegni nella cosa pubblica sei un ladro o un corrotto a prescindere». Dura, infatti, l'entrata di Francesco Rubini: «Ho 29 anni, sono un giovane avvocato precario con Partita Iva aperta nel 2019 e faccio il consigliere comunale ad Ancona dove percepisco gettoni di presenza (niente stipendio, indennità, rimborsi, benefit) per una media di 600/700 euro al mese. Ho chiesto e ottenuto il bonus di 600 euro per i liberi professionisti.
Adesso, cari populisti da strapazzo, odiatori di professione, leoni da tastiera e buffoni vari, venite a prendermi per processarmi in pubblica piazza nella vostra ridicola guerra contro i politici ladri. Vi aspetto a braccia aperte».
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