"Un golpe anti Biden". L'assalto al Congresso poi il piano era pronto

A riceverlo l'ex capo di gabinetto di Trump. Consegnato alla commissione che indaga

"Un golpe anti Biden". L'assalto al Congresso poi il piano era pronto

New York - Un colpo di stato alla vigilia dell'assalto al Congresso del 6 gennaio. Prima dell'insurrezione dell'Epifania girava un piano dettagliato per la ripresa del potere di Donald Trump, sconfitto alle urne da Joe Biden, e a rivelarlo è stato il suo ex capo di gabinetto. Mark Meadows ha infatti consegnato alla commissione della Camera che indaga sull'episodio un PowerPoint ricevuto via email, in cui si elencano i passaggi per attuare un golpe e mantenere il tycoon alla Casa Bianca. Meadows dice di non averci mai fatto nulla, ma il comitato è certo che ci sia stato almeno un coordinamento tra Pennsylvania Avenue e gli organizzatori del raduno sfociato nel caos.

Il fatto che il capo di gabinetto fosse in possesso del PowerPoint, inoltre, suggerisce che sia stato almeno a conoscenza degli sforzi di Trump e dei suoi alleati per impedire che avesse luogo la certificazione della vittoria di Biden, fissata proprio per quel giorno. Come riportano il New York Times e il Guardian, nella presentazione di 38 pagine - intitolata Election Fraud, Foreign Interference&Options for 6 Jan - si raccomanda all'ex presidente come prima cosa di informare i membri del Congresso dell'interferenza straniera nel voto, e a quel punto di dichiarare subito lo stato di emergenza per questioni di sicurezza nazionale, definire non valido il voto elettronico e chiedere a Capitol Hill di concordare una soluzione accettabile.

A mettere a punto il piano sarebbe stato Phil Waldron, ex colonnello dell'esercito texano sostenitore della tesi delle elezioni rubate, che prima del 6 gennaio lo avrebbe fatto pervenire a diversi senatori. Secondo il Nyt, Waldron ha affermato di non aver inviato personalmente il documento a Meadows, ritenendo tuttavia possibile che lo abbia fatto qualcuno del suo team. Le raccomandazioni contenute nel PowerPoint si basavano su affermazioni (infondate) di brogli, incluso il fatto che «i cinesi hanno sistematicamente ottenuto il controllo sul sistema elettorale Usa» in otto stati chiave. L'allora ministro della giustizia ad interim, Jeff Rosen, e il suo predecessore Bill Barr, entrambi nominati da Trump, il 5 gennaio avevano però stabilito che non c'erano prove sufficienti di frodi per cambiare l'esito delle elezioni. Gli investigatori della Camera hanno spiegato di essere venuti a conoscenza del documento dopo che è emerso in più di 6mila pagine che Meadows ha consegnato alla commissione.

Pochi giorni fa, una Corte d'appello aveva respinto la richiesta di Trump di bloccare le carte richieste dall'organismo: il tycoon aveva invocato il privilegio esecutivo, che garantisce la segretezza delle conversazioni e degli atti del presidente, e ora è molto probabile che ricorra alla Corte Suprema. Intanto si consolidano le voci sulla possibile discesa in campo dell'ex Comandante in Capo per tentare di riprendersi la Casa Bianca nel 2024. Lui non ha ancora sciolto le riserve, ma in un'intervista radiofonica negli ultimi giorni ha detto: «Se decidessi di non farlo, la mia base si arrabbierebbe molto».

Intanto, la procuratrice generale di New York Letitia James ha chiesto che The Donald testimoni sotto giuramento il 7 gennaio nell'indagine civile sulle presunte frodi della sua società, parallela a quella penale condotta dal procuratore distrettuale di Manhattan Cyrus Vance. Trump, secondo i media Usa, potrebbe tentare di bloccare la deposizione evocando il rischio che sia usata contro di lui nell'inchiesta penale o denunciando una politicizzazione della vicenda.

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