«Avevamo ragione noi. Il governo ha dovuto fare marcia indietro e revocare la precettazione dei ferrovieri: non c'erano le condizioni di legge per inibire il diritto di sciopero». Il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, e quello della Uil, Carmelo Barbagallo, hanno festeggiato tronfiamente la resa del ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, che ha revocato ieri il decreto di precettazione dei ferrovieri per la giornata di oggi.
In realtà, il ministro ha avuto un ruolo minimo. È stato il premier Renzi a insistere per il lasciapassare a Cgil e Uil con le quali, evidentemente, non vuole aprire nuovi fronti dopo gli scontri dei giorni scorsi. Tant'è vero che è stato il presidente del Consiglio, da Ankara, a preannunciare la ricerca di un'intesa. «Spero che le incomprensioni tra Susanna Camusso e il ministro Lupi siano risolte nelle prossime ore, anche perché non sono personali ma legate ai pareri di una delle tante autorità del nostro Paese», ha dichiarato scaricando la colpa sul Garante degli scioperi.
Un'inversione a «u» che fa riflettere: Renzi ha avallato l'astensione potenzialmente più dannosa per i cittadini (assieme a quella del trasporto pubblico locale) nonostante la protesta sia legata a quella che ormai è rimasta l'unica bandiera che il primo ministro può issare sull'altare delle riforme, ovvero l'annacquatissimo Jobs Act. Evidentemente, la situazione politica gli avrà imposto prudenza.
La storia si racconta in breve: la misura anti-sciopero generale era stata decisa nella tarda serata di mercoledì per evitare che al danno dell'astensione dal lavoro di intere categorie si aggiungesse la beffa di un'intera nazione bloccata. Alla fine si è trovato un compromesso che ha soddisfatto esclusivamente le ragioni sindacali: i ferrovieri sciopereranno dalle 9 alle 16. Per i pendolari, dunque, dovrebbe esserci qualche preoccupazione in meno. Ecco perché il titolare del dicastero di Porta Pia l'ha presentata come una mezza vittoria anche se è stato un vero e proprio atto di sottomissione. «Ho tutelato sia il diritto alla mobilità dei cittadini che il diritto allo sciopero», ha dichiarato Lupi asserendo che i sindacati sono stati «ragionevoli».
Difficile dare ragione all'esponente Ncd considerato che l'atto emanato mercoledì sera era stato definito dalla stessa Camusso «un intervento a gamba tesa», mentre Barbagallo aveva parlato di «un inequivocabile atto di lesione del diritto di sciopero». Ecco perché la retromarcia di Lupi è stata interpretata come «un primo segnale di ravvedimento del governo, speriamo che sia un buon auspicio per il futuro».
La decisione del ministro delle Infrastrutture non è del tutto incomprensibile considerato che oggi nelle principali città i trasporti pubblici saranno fermi per 8 ore con diversi orari (generalmente nella fascia 9-17). Previsti disagi anche negli aeroporti e sulle autostrade. L'astensione dal lavoro dei dipendenti pubblici creerà difficoltà anche negli ospedali, nelle scuole e negli uffici postali.
Intanto, resta uno sciopero che rischia di incidere pesantemente sui consumi di una giornata particolare come la vigilia di Santa Lucia che, secondo la Cgia di
Mestre, vale 437 milioni di euro (100 milioni più della media) per il commercio. In generale, l'astensione dal lavoro potrebbe costare complessivamente tra lo 0,1 e lo 0,2% del Pil, cioè tra gli 1,5 e i 3 miliardi di euro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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