"Il governo non sa anticipare. Positivi a casa coi sani? Folle"

Lo scienziato del "modello Veneto": "Abbiamo chiuso tutto con mille morti, vogliamo riaprire con 10mila?"

"Il governo non sa anticipare. Positivi a casa coi sani? Folle"

«Il piano antipandemia era pronto ma non è stato messo in atto a partire da metà gennaio nonostante ci fossero tutti gli elementi per prevedere che il coronavirus avrebbe colpito duramente anche il nostro Paese». Andrea Crisanti, ordinario di Microbiologia e responsabile del laboratorio che esegue i test per il Covid 19 presso l'Università di Padova è lo scienziato che ha messo a punto il «modello Vo'Euganeo», quel paesino del Veneto nel quale grazie all'isolamento e allo screening a tappeto delle popolazione, che è stata tutta sottoposta al tampone, è stato possibile contenere l'epidemia e portare l'indice di replicabilità, il famigerato Rzero, appunto a zero. Ovvero zero contagi. Modello, denuncia Crisanti, che però è stato ignorato dalle istituzioni responsabili della gestione dell'emergenza: Protezione Civile, Istituto Superiore di Sanità, ministero della Salute, governo.

Professor Crisanti che cosa non sta funzionando?

«Non c'è una visione, una pianificazione: vengono prese decisioni giorno per giorno senza riuscire ad anticipare gli eventi che precedono le scelte del governo che rincorre l'epidemia ed arriva sempre in ritardo».

Tutti gli italiani seguono con il fiato sospeso la curva dell'epidemia. Scenderà? E quando?

«In questa fase il problema sono chiaramente i contatti interfamiliari. La curva non scenderà se non isoliamo i malati, se non li separiamo dai sani. Una persona che vive in casa con un positivo ha una probabilità 280 volte maggiore di prendere il coronavirus quindi quella curva non scenderà se la scelta resta quella di lasciare i positivi asintomatici in casa: si ammalerà tutta la famiglia. Praticamente abbiamo replicato il modello Diamond Princess: persone sane isolate con i positivi e alla fine si ammalano tutti».

Qual è l'indice di letalità della malattia?

«Ritengo si collochi tra l'1 e il 2 per cento. Molto più basso di quello stimato oggi perché in realtà i contagiati non sono quelli emersi, ma vanno almeno quadruplicati. Stimo una popolazione di positivi tra i 400 e i 600mila. Ecco perché la diffusione continua. Abbiamo migliaia di asintomatici che restano tali e continuano a infettare».

Che cosa possiamo aspettarci nelle altre regioni?

«Possiamo avere un po' di fiducia nelle temperature più miti perché in effetti questo coronavirus sembra sensibile al clima più caldo. Ma non dobbiamo ripetere gli stessi errori della Lombardia evitando la trasmissione interfamiliare: i positivi vanno isolati».

E gli altri errori?

«Ripeto fin dall'inizio che la battaglia contro il Covid 19 non si vince negli ospedali ma sul territorio. Gli ospedali purtroppo sono diventati le maggiore fonte di contagio. Il personale sanitario non è stato messo in sicurezza quando era necessario farlo subito. Dov'erano le mascherine? Dove i presidi sanitari? Qui bisogna essere chiari: gli ospedali in grado di gestire e contenere un agente patogeno infettivo come Sars Cov 2 in Italia sono tre: il Sacco di Milano, lo Spallanzani di Roma, l'Azienda ospedaliera di Padova. Quando sono arrivati positivi nei piccoli ospedali anche una volta riconosciuti non sono stati gestiti adeguatamente perché non c'erano né le competenze né i mezzi. I medici sono stati lasciati soli a fronteggiare in prima linea il coronavirus e gli ospedali si sono trasformati in bombe infettive».

Per il Veneto il governatore Luca Zaia parla di un possibile picco in aprile e il ritorno alla normalità in giugno.

«Tra gli scenari possibili quello prefigurato da Zaia è il più ottimistico».

Quando si potrà riaprire il Paese?

«Abbiamo chiuso quando avevamo mille morti. Possiamo pensare di riaprire con 10mila vittime? Dobbiamo decidere quale sarà il rischio accettabile. Non sarà possibile riaprire a rischio zero e quel rischio salirà se le misure di contenimento saranno deboli e inadeguate.

Per esser chiaro: abbiamo mascherine per tutta la popolazione nel caso si tornasse al lavoro? Possiamo garantire la sicurezza della popolazione? Abbiamo la possibilità di fare tamponi a tappeto, indagini sierologiche per verificare la presenza di anticorpi negli asintomatici? La decisione comunque spetta alla politica, al governo. Noi diamo indicazioni sulla base delle evidenze scientifiche, ma poi non siamo noi a decidere».

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