Multe alle Ong che portano migranti illegali in Italia ridotte al minimo e di fatto inapplicabili. Via libera alle navi dei talebani dell'accoglienza per recuperare chi vogliono da sbarcare in Italia. Maglie di nuovo larghe sulla protezione umanitaria, che adesso si chiama speciale e sui permessi di soggiorno. Accoglienza di nuovo ampia, che farà lievitare i costi.
Dodici articoli delle nuove norme sull'immigrazione e non solo hanno affossato definitivamente i decreti sicurezza dell'allora ministro dell'interno Matteo Salvini. Il Viminale ha ancora il potere di chiudere i porti, ma il divieto non vale per le operazioni di soccorso «immediatamente comunicate alle autorità italiane e alle autorità dello Stato di bandiera». Le navi «umanitarie» potranno continuare a imbarcare migranti partiti dalla Libia semplicemente avvisando via radio, come già fanno fra mille furbizie. Un'ideona con 24.435 sbarchi quest'anno, tre volte tanto il 2019 e tremila in più rispetto al 2018. Ieri sono arrivati altri 50 migranti illegali nella zona di Catanzaro.
Le multe quasi milionarie di Salvini sono sparite e rimane la foglia di fico di sanzioni ridotte al lumicino da 10mila a 50mila euro, di fatto inapplicabili alle Ong. Il paradosso è che i talebani dell'accoglienza protestano lo stesso perché il decreto lascerebbe intatta la «criminalizzazione del soccorso in mare». In pratica vogliono l'impunità.
Sui rimpatri degli irregolari, come i tunisini, prima nazionalità con quasi 10mila arrivi quest'anno, sono stati ridotti i tempi di trattenimento da 180 a 90 giorni con la proroga di un mese se esiste un accordo con il paese di origine per rimandarli a casa. Ieri ha sollevato proteste la notizia dell'imminente arrivo a Bari della nave quarantena Rapsody da Lampedusa con molti tunisini, che in teoria dovrebbero tornare in patria.
Il decreto «antisicurezza» allarga le maglie dell'asilo con la novità della protezione speciale, che in realtà è la riedizione di quella umanitaria attaccata da Salvini. Oltre ai casi di tortura e trattamento inumano, se ti rimandano a casa, hai diritto al permesso di soggiorno «speciale», «nei casi in cui il rimpatrio determini il rischio di una violazione del diritto alla vita privata e familiare». Non si capisce bene cosa voglia dire, ma sicuramente tutti i migranti illegali faranno richiesta. Solo la protezione umanitaria vecchio stile garantiva il 25% di chi non aveva diritto all'asilo come rifugiato. Nel 2019 sono stati 38mila i migranti che hanno chiesto l'asilo, il 27% in meno rispetto all'anno prima. Grazie alla «cura» Salvini le domande respinte erano salite al 69%. Adesso si rischia la marcia indietro.
Non solo: il decreto allarga ulteriormente la casistica dei permessi si soggiorno convertibili per lavoro «per calamità, per residenza elettiva, per acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, per attività sportiva, per lavoro di tipo artistico, per motivi religiosi e per assistenza minori».
Il terzo passo indietro riguarda il «sistema di accoglienza e integrazion» che succede a quello deciso dal precedente governo Conte. Si punta ad una specie di riedizione dell'accoglienza diffusa osteggiata dai governatori di centrodestra. Gli enti locali potranno accogliere non solo i rifugiati, ma anche chi gode delle altre forme di protezione «nei limiti dei posti disponibili» fornendo una serie di servizi, che non costano poco.
Salvini era riuscito a fare risparmiare almeno 150 milioni di euro l'anno e aveva ridotto a un minimo di 19 euro al giorno lo stanziamento per ogni migrante dai 35 iniziali. Le gare sono andate deserte e una circolare del Viminale di febbraio ha rialzato l'importo a 22-23 euro per permettere il business dell'accoglienza. Il nuovo decreto però non basta ai pasdaran filo migranti come Giuliano Pisapia, che ha dichiarato: «È un passo importante in un percorso che deve portare presto anche all'introduzione dello Ius Culturae, perché i ragazzi figli di immigrati che vivono e studiano in Italia abbiano pieni diritti di cittadinanza».
Il decreto
prevede anche un inasprimento del «Daspo urbano», che sta sollevando polemiche, con pene più severe per le risse in strada sulla scia del pestaggio mortale di Colleferro che ha provocato la morte di Willy Duarte Montero.
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