Grande rivincita del mercato contro i sudditi dell'ambiente

Il Vecchio Continente è arrivato a immolare lavoro e impianti. Ma se un prodotto non va, allora si elimina

Grande rivincita del mercato contro i sudditi dell'ambiente
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La notizia è che la follia di imporre a ogni europeo un'auto elettrica si è schiantata sul muro della realtà. Già all'indomani della decisione scrivemmo che l'imposizione del solo elettrico nel 2035 conteneva già questo epilogo, perché ne era figlio in quanto nasceva proprio dalla constatazione che non ci fosse modo di far comprare le auto elettriche agli europei, se non vietando la vendita di tutte le altre. La follia è stata immaginare che la società più libera e avanzata del pianeta potesse accettare una forzatura simile. Purtroppo il danno è stato fatto e il dentifricio nel tubetto non ce lo rimetti con facilità. L'industria automobilistica europea è stata danneggiata profondamente da questa normativa ma soprattutto dalla sua incapacità di reagire e far valere le ragioni del buon senso e del mercato. Abbiamo assistito a conversioni rapide, persino precipitose, pur di mettersi in prima fila alla fiera dell'elettrico continentale, sperando così di conquistare più facilmente fette di mercato che invece si sono rivoltate contro.

Siamo arrivati così a chiudere fabbriche e licenziare lavoratori dichiarando che non c'è più il mercato. Eh no, non c'è «quel» mercato, quello che non c'è mai stato, quello che un eccesso di arroganza e di supponenza aveva portato a credere che ci sarebbe stato, dato che i consigli di amministrazione delle grandi case automobilistiche, salvo un'eccezione in Renault guidata da Luca De Meo (foto), così avevano deciso. Un'impresa ha un faro per compiere le sue scelte, quel faro si chiama mercato, sono i clienti. Sapere cosa vogliono, cosa potrebbero accettare e cosa invece rifiuterebbero è il compito del marketing, che alla radice è investigazione e comprensione delle priorità e dei valori delle persone. Ma il marketing, questo marketing, non ha mai avuto l'ufficio principale nell'industria governata dagli ingegneri e dai capi delle fabbriche. Il marketing dovrebbe dire cosa produrre, invece gli affidano il compito di aiutare la vendita di ciò che si fabbrica, indipendentemente dalle pulsioni dei consumatori. In questa brutta storia però questo problema sta dentro un problema ancora più devastante: la sudditanza culturale all'ideologia ambientalista. Qui non è soltanto il motore termico in discussione, ma l'intera automobile che viene mortificata da anni. Colpevolmente, l'industria non l'ha difesa, non ne ha esaltato le caratteristiche ma anzi quasi si è scusata di produrla. Per questo timore invece di abbracciare la soluzione e dire che no, la gente di fermarsi ore a ricaricare la batteria non ne vuole sapere, preferiscono dare la colpa alle poche colonnine, che però sono tantissime, e ai prezzi alti per i costi delle batterie, che un manager dovrebbe conoscere prima di lanciare un prodotto, non dopo. In ogni caso, da quando nel mondo del business valgono le scusanti? Se un prodotto non funziona lo elimini e passi oltre. Punto.

Eh, ma questo è il prodotto degli ideologi dell'ambiente, mica si può. Com'era la canzone di Gaber? «Se potessi mangiare un'idea, avrei fatto la mia rivoluzione». Ecco, agli operai diamogli da mangiare le idee green. Sai che abbuffate.

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