In Calabria non piovono pallottole, ma pietre. Nel mirino c'è sempre lui, Nicola Gratteri. Si fa sempre più in salita la strada verso la Direzione nazionale antimafia. «Non potendo continuare a fare il procuratore in Calabria, che mai lascerei se potessi, ho deciso di puntare a un altro ufficio giudiziario, che credo rappresenti meglio il coronamento della mia carriera», ha detto all'incontro di Trame 10, Festival dei libri sulle mafie.
Certo, il procuratore capo di Catanzaro a cui la Calabria ormai sta stretta non si aspettava certo un tappeto rosso. Ma neppure lo schiaffone dell'ex Pg di Catanzaro Otello Lupacchini, a riposo dallo scorso agosto, cacciato dalla Calabria in fretta e furia dal Csm solo per aver definito «evanescenti» alcune inchieste del procuratore antimafia. «Si impegna usque ad sanguinem per conseguire l'obiettivo di sgominare la 'ndrangheta - ha scritto il magistrato che ha sconfitto la Banda della Magliana - ma se nel 1986 era una modesta organizzazione criminale e oggi è la più potente organizzazione malavitosa del mondo, direi che la lotta ingaggiata da Gratteri non va proprio benissimo, se non sul piano della promozione editoriale». Un altro macigno sembra quello scagliato nei giorni scorsi attraverso le pagine del Manifesto dal leader delle toghe rosse Stefano Musolino, pm della Dda reggina. Sembra Gratteri «il magistrato individualista», quello «molto bravo a instillare le paure», quello «che non fa il bene della magistratura», insomma il vero colpevole della rottura tra toghe e Guardasigilli sulla riforma della Giustizia, anche se Musolino al Giornale precisa: «Le personalizzazioni non aiutano la comprensione, per questo nelle mie interviste non ho mai menzionato, né fatto riferimento a Gratteri. Ho grande stima per il suo lavoro, ma sarebbe scorretto se mi pronunciassi sulla nomina alla Dna prima della decisione del Csm».
Ma le carriere in magistratura - persino quelle dei pm antimafia, vedi Giovanni Falcone osteggiato al Csm sempre dalle toghe rosse - le decide la politica e le correnti. A volte anche qualche boss, come ebbe a dire sul Giornale l'ex numero due della Dna Alberto Cisterna («le cosche si inseriscono nelle faide tra magistrati e nelle lotte per le carriere»), ma tant'è. E dunque senza i voti di Md per Gratteri, viste le frizioni con la Cartabia e il niet di Md, sarà quasi impossibile prendere il posto di Federico Cafiero de Raho a febbraio 2022. Un posto che fa gola anche a Giovanni Melillo, procuratore di Napoli ed ex capogabinetto in via Arenula dell'ex Guardasigilli Pd Andrea Orlando, profilo che a Md certo non dispiace.
Il risiko alla Dna si intreccia anche con il pasticcio della Procura di Roma. Come si sa, la nomina di Michele Prestipino è stata impugnata con successo dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dal Pg di Firenze Marcello Viola.
Ma se alla Dna venisse scelto proprio Lo Voi e se Viola (Magistratura indipendente) fnisse a Palermo o alla Procura di Milano (destinazione che piace anche a Giuseppe Amato, attuale procuratore capo di Bologna), affondata nella melma del caso Amara-Greco-Storari, Prestipino resterebbe congelato a Roma per mancanza di competitor. È per questo che Md è pronta a dire no a Gratteri?
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