Quattro corvette, due sommergibili, ventiquattro aerei militari. In mezzo lui, Massimo D'Alema, sospettato di esser stato intermediario di una presunta trattativa parallela tra le aziende produttrici Fincantieri e Leonardo e il governo della Colombia. Con un guadagno di 80 milioni, che l'ex premier definisce in un audio intercettato «la posta in gioco».
Se ne parla alla Camera e il ministro della Difesa Lorenzo Guerini (nel tondo, ndr), rispondendo all'interrogazione con primo firmatario Francesco Lollobrigida (Fdi), tiene fuori il governo dall'oscura storia sulla quale dopo un esposto sta indagando la procura di Napoli e che potrebbe arrivare ai pm di Roma. Non si tratta, scandisce, di trattative per vendere mezzi militari gestite direttamente dal governo per garantire trasparenza, senza mediazioni opache, attraverso il nuovo mezzo G2G (Government-to-Government). Ecco le parole in aula di Guerini: «Nessun aspetto della vicenda in questione è riconducibile all'utilizzo dello strumento del G2G tra il Governo italiano e il Governo della Colombia». Il ministro ritiene doverosa la premessa perché il fatto ha scatenato i mass media, dopo la notizia del sito web «sassate.it», ripresa da La Verità. La Difesa, aggiunge Guerini, opera nelle sue competenze, che non comprendono le procedure di vendita di materiale bellico all'estero, e non controlla le aziende del settore, sorvegliate da altri ministeri.
Difficile che la cosa si fermi qui, perché c'è anche un'interpellanza di Roberto Giachetti che chiede a Guerini se i vertici di Fincantieri e Leonardo «erano a conoscenza del coinvolgimento di D'Alema nelle trattative con il governo colombiano per la compravendita di armamenti, eventualmente anche tramite lo studio legale Robert Allen Law?». Il deputato di Iv vuole sapere se «D'Alema è stato autorizzato da Fincantieri e/o Leonardo a svolgere per le società, a qualsiasi titolo, attività di mediazione, intermediazione, supporto o consulenza nell'ambito delle trattative con il governo colombiano».
L'ex premier, che da 10 anni fa il
consulente, dice di non avere «alcun rapporto di lavoro né con Fincantieri né con Leonardo» e assicura che, se fosse andata in porto la trattativa interrotta dal sottosegretario Giorgio Mulè, lui non avrebbe «guadagnato un euro».
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