Hasib e le foto delle torture: i polsi legati con i fili elettrici

Gli scatti nel cellulare dell'agente arrestato. "Pariamoci o l'onda ci sommergerà". I timori degli altri poliziotti

Hasib e le foto delle torture: i polsi legati con i fili elettrici

Roma. In coma vigile dal 25 luglio. La Procura aspetta solo che possa parlare, per accusare l'assistente capo di polizia Andrea Pellegrini anche di tentato omicidio. È stato lui a gettare dalla finestra di casa a Primavalle Hasib Omerovic, dopo averlo preso a schiaffi, minacciato con un coltello, legato su una sedia e torturato davanti alla sorella disabile? Secondo Sonita, 30 anni, affetta da gravi disturbi cognitivi dalla nascita, sì. Il suo racconto, che ha portato i genitori a denunciare la «spedizione punitiva» nei confronti del ragazzo sordomuto, fino a pochi giorni fa era l'unico che spiegava nei dettagli cos'era avvenuto nella casa popolare di via Gerolamo Aleandro 24. Poi arriva la testimonianza di un collega dell'arrestato, Fabrizio Ferrari, che smonta il falso verbale scritto da Pellegrini e firmato da tutti gli altri, ora indagati per falso e depistaggio.

Che l'operazione non fosse andata come sostenevano i poliziotti lo suggerisce anche l'ispettore superiore Roberta Passalia a un collega della mobile, Daniele Centamori, consigliandogli di fare bene le indagini. «Roby te l'ho detto - le suggerisce - in caso di dubbi scrivi e parati il culo che poi l'onda di merda, semmai arriva, sommerge tutti». Un'operazione di polizia ordinata dal vicedirigente del XVI Distretto, Laura Buia, trasferita da settembre assieme al vicequestore per «ristabilire un clima adeguato», su un sospetto molestatore. Basta un post Fb sulla pagina di quartiere di una donna, Paola Camacci, per scatenare la caccia al mostro. Di fatto quando i quattro poliziotti, Pellegrini, Alessandro Sicuranza, Maria Rosa Natale e Fabrizio Ferrari, dopo aver setacciato un campo rom assieme alla Buia, trovano la sua abitazione, le cose prendono un'altra piega. Due sono a bordo della volante Primavalle 6, due in borghese su un'auto civetta, la Primavalle 12. I quattro entrano, Pellegrini, il Pelato, quando Hasib gli apre lo prende subito a schiaffi mentre l'agente donna abbassa le tapparelle. Perché, se si tratta di una semplice identificazione? In pochi minuti il blitz si trasforma in un incubo per i due disabili.

Urla, minacce, i tubi di un termosifone divelti, il manico di una scopa spezzato in due come arma. «Non ti azzardare più a fare foto alla ragazza» grida Pellegrini. Hasib fa tutto ciò che gli chiede, apre il marsupio con i documenti ma non basta. Come Harvey Keitel in Cattivo Tenente di Quentin Tarantino, Pellegrini è un poliziotto sui generis. Espulso dalla squadra mobile romana per aver rivelato segreti d'ufficio su un'indagine, viene trasferito a Primavalle. Con i colleghi si vanta di aver gonfiato di botte un (sospetto) pedofilo in manette. In Florida, poi, viene arrestato, e rilasciato su cauzione, per furto. Nonostante ciò è lui a guidare l'operazione in casa Omerovic. Raccontano gli indagati che quando si accorge della camera da letto chiusa Hasib gli mostra le chiavi. «Ce l'ho le chiavi, ce l'ho» urla Pellegrini prima di sfondarla a calci. Poi lo fa sedere su una sedia, stacca dal muro il cavo di un ventilatore e gli lega i polsi.

Su un tavolo un coltello da cucina: «Che ci fai con questo? Se lo rifai te lo ficco nel culo» dice mentre Hasib è immobilizzato. Ferrari mette una mano sul braccio di Pellegrini per fermarlo. Lui lo rassicura che non ha brutte intenzioni. Ferrari esce dalla stanza. In pochi secondi il dramma.

Sul verbale annotano che Hasib si sarebbe gettato nel vuoto, terrorizzato da Pellegrini. Un salto di 8 metri e mezzo. L'appartamento è al mezzanino rispetto alla strada ma la finestra che dà sul cortile interno, su quel lato della palazzina, è a due piani e mezzo. Hasib lo sa, Pellegrini no.

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