"La hostess furiosa per la causa persa. Minacce e falsità perché sono un uomo"

Il sindacalista Raffaele Meola accusato di abusi: "Non c'è stato alcun approccio sessuale, ci siamo lasciati da buoni amici"

Barbara D'Astolto
Barbara D'Astolto
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L'avvocato Ivano Chiesa che lo difende è indignato. «La decisione della Cassazione di rimandare in appello il processo contro Raffaele Meola è una follia. Se passa l'idea che prima di sfiorare una donna con le dita devi chiedere il consenso scritto - dice - finiscono le relazioni umane. Ho detto a mio figlio che se vuole fare la corte a una ragazza, prima le mandi una Pec e aspetti la risposta».

Raffaele Meola, sindacalista, è stato accusato di violenza sessuale da Barbara D'Astolto, della quale stava seguendo una vertenza. In tribunale però è stato assolto. Primo grado e appello. I giornali hanno scritto che l'assoluzione è arrivata perché la donna aveva aspettato 20 secondi prima di intimargli l'alt. L'avvocato Chiesa chiarisce che è stato assolto perché non sussiste la violenza.

La signora D'Astolto sostiene in una intervista rilasciata due giorni fa che lei quel giorno le aveva dato l'appuntamento alle 16 ma si è presentato alle 18 quando ormai era buio e in ufficio non c'era più nessuno. È vero?

«No. È tutto falso».

Però la ricostruzione dei fatti in sede di processo è diversa dalla sua.

«La ricostruzione dei fatti è stata realizzata nella sentenza di primo grado sulla base delle dichiarazioni della signora. Siccome io sono stato assolto, non potevo contestare quella ricostruzione, perché faceva parte delle ragioni dell'assoluzione. Per questo non l'ho contestata. Ma non è la ricostruzione vera. Io però per ragioni giuridiche non posso sollevare la questione della attendibilità della signora in sede processuale».

Sta subendo dei danni da questa vicenda?

«L'accanimento mediatico nei miei confronti è spaventoso. Non credo che abbia precedenti. Sa quanti giornalisti mi hanno chiamato per conoscere la mia versione?».

Mi dica, quanti?

«Zero. E invece ho ricevuto tantissime minacce. Pesantissime. Un'associazione femminista ha pubblicato persino il mio indirizzo di casa».

Perché la sua versione non è considerata credibile dai mass media?

«Perché sono un uomo».

E invece perché la sua versione è credibile?

«Perché io posso mostrare i messaggi ostili nei quali si manifestano intenzioni di vendetta nei miei confronti di questa donna. Sono messaggi che mi ha mandato quattro mesi prima dell'episodio incriminato. Era furiosa con me perché stava perdendo la causa col suo datore di lavoro».

Ma la querela quando è arrivata?

«Quattro mesi dopo che lei aveva perso la causa».

Mi racconti com'è andata quel giorno. Mi dia la sua versione dei fatti.

«Lei ha insistito quel giorno per vedermi. Ci siamo visti. Mi ha raccontato le sue vicende processuali e sindacali. Si è messa a piangere. Io l'ho rincuorata, le ho detto che in qualche modo saremmo riusciti a spuntarla, e come gesto di affetto ho poggiato le mani sulle spalle. Non ho fatto nient'altro. Nessun approccio sessuale. Neppure l'ombra. Poi siamo usciti insieme da quella saletta, abbiamo continuato a parlarci, ha aspettato che raccogliessi le mie carte, ci siamo salutati da buoni amici».

Non è vero che lei le ha messo le mani nelle mutandine?

«Assolutamente no. E c'è una testimone che afferma di avere ricevuto una confidenza dalla signora che mi accusa, e che in questa confidenza non c'era nessun accenno ad assalti sessuali».

Perché lei è stato assolto? Per quella questione dei venti secondi di ritardo nella reazione della signora?

«No. Perché si è accertato che non c'è stata violenza. Lei ha interpretato quel mio gesto come una avance? Il tribunale - pur credendo alla versione della donna - ha accertato che comunque dopo quei venti secondi non è successo niente.

Secondo la versione processuale c'è stato un approccio, un alt della donna, e un ritiro da parte mia. Non è così, perché l'approccio non c'è stato, comunque è accertato che non c'è stata violenza. Glielo ripeto non c'è stata alcuna violenza».

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